Giacomo Marighelli – Il cerchio della vita (La cantina appena sotto la vita)

Il nuovo disco di Giacomo Marighelli è un consumare la carne dentro alle tecnologie complesse del cuore, tra il sangue dell’amore e le lacrime abbandonate al sole del tempo in un’estasi che si fa realizzazione tangibile dei propri ideali concreti, in fase di rinato assemblaggio tra ciò che è stato e ciò che sarà, immortalando istantanee che sono la summa di una poesia non frenetica, ma meditativa, affranta eppur meravigliosa, che si avvale di suoni acustici coadiuvati da elettriche di fondo a ricordare le disturbanti note di Giorgio Canali nel prodotto più riuscito degli ultimi anni, a ricordare quel Vasco Brondi che parlava di cuori in affitto e di giornate da riempire, un cerchio della vita qui però che si sviluppa attraverso non tanto la fine ricercatezza di frasi ad effetto, ma piuttosto di una bellezza intrinseca alle canzoni stesse in grado di dare un senso al buio che avanza, una carne che si fa spirito ed esprime gli abbandoni del cuore con tanto trasporto da poter miscelare in modo esaustivo quella voce quasi narrante nel teatro della vita; il nostro, già sotto pseudonimo Margaret Lee, incanta con pensieri che si fanno contrappunto sonoro in pezzi coerenti con un pensiero legato ad un’elevazione di coscienze, incanta in L’angelo dalle mani di tela dove gli arpeggi di chitarra acustica vengono suonati da Massimo Menotti, collaboratore di Philip Glass concedendo in tutti i pezzi proposti, attimi di vita vissuta tesi ad una sostanziale ricerca del bello che si fa arte da qui al futuro.

Spiriti affini:

Milo Scaglioni – A Simple Present (Akoustik Anarkhy Recordings/Crytmo)

Una ricerca profonda nel proprio animo blu per capire chi si è veramente, alle prese quotidianamente con un divenire che ci incolla alla poltrona del divano e non scardina i costrutti del tempo passato, anzi li rafforza, rendendo tutto il nostro stare al mondo occasione per non saltare finalmente dentro al cielo che ci appartiene per approdare in una mare degno precursore di ciò che verrà, specchio d’acqua dalle mille sfumature che collega l’Europa al Regno Unito, per un approccio corale che si imbatte proprio lungo gli scogli della terra d’Albione per rimettere in sesto un suono scarno, ma nel contempo suggestivo, che ricorda i grandi del passato, fra tutti i Beatles in un rinfrescare le attese con una simbologia aurea che consente all’ascoltatore di ascoltare oltre il gusto di udire e di generare implicite divagazioni immaginarie per portare la mente lontano dal tempo e dallo spazio, gradiente inusuale per soddisfazioni future, opera di rilassatezza post ’60 da fine serata dove le menti argute di Enrico Gabrielli, Roberto Dell’era, Lino Gitto e qua e là la presenza di un Gianluca De Rubertis al piano che contiene ed amplifica, donano profondità di campo a tutto questo splendore, per un disco assai anomalo nel panorama della musica italiana, che ha saputo ridare speranza e beatitudine psycho beat ad un genere dimenticato, ma nel contempo di facile appeal e sincerità da regalare alle nuove leve.

Spiriti Affini: