Three times nothing – Paper (Tesla Dischi)

Progettare di volare e magari vivere per sempre in un subbuglio suscettibile di anime dimenticate all’oblio post rock che incanala i pensieri del nuovo secolo e ci rende in qualche modo prigionieri di una gabbia da cui non riusciamo ad uscire, soppesati corpi in vortici galleggianti, pronti per l’ultimo abbraccio prima del tramonto, prima di essere delle persone nuove, magari con un anno di più, magari con un po’ di tempo in meno.

Vengono da Genova i Three times nothing e grazie a puzzle emotivi impattanti, ricordando i conterranei Dresda, si avvicinano ad un rock che intreccia le sonorità dei Mars Volta tessendo trame di speranza e di ambient ben dosato, capace di penetrare e divincolare il già sentito, manipolando i suoni in delay eterni e scaraventando al suolo la forza di questa musica capace di andare oltre la forma canzone e sigillando una prova efficace dal sapore di meraviglia.

Un disco labirinto, da ascoltare in più riprese, che si riappropria del tempo perduto, di voci lontane, pronte ad intervenire, ad inondare la scena, ad assaporare ancora una volta il profumo di una bellezza eterea e immutata.

I misteri del sonno – Il nome dell’album è i misteri del sonno (LaRivoltaRecords)

Rock d’avanguardia clashato tutto in italiano che fa l’occhiolino alle produzioni straniere e a qualche altra cosetta del nord Italia, pur mantenendo una costante ricerca e attenzione per il suono ruvido e divincolato dando forma e sostanza a nuove poesie 2.1 che prendono spunto e appiglio dalla quotidianità, quella quotidianità e quell’essere che inonda i nostri giovani leccesi di un’aurea di intoccabilità e mestiere, produzione egregia e attenzione al particolare che non li fa dimenticare nel brodo del nuovo millennio, ma li proietta direttamente all’attenzione di chi la musica la fa ogni giorno.

Sono dieci pezzi in un susseguirsi di testi diretti intercalati da sognanti pensieri che decollano dal potenziale singolone Resto in casa per passare a canzoni memorabili come L’uomo dell’anno, dimostrando interessante l’approccio anche nella coralità e nell’utilizzo delle voci, fino all’avvolgente blues nel finale di Sugar Man di Rodriguez senza dimenticare la spaventosamente bella, più dell’originale, I am happy dei Soerba.

Un disco tutto d’un pezzo, da cantare mentre magari fuori piove, per dare un po’ di luce alle giornate piovose post primaverili in attesa dell’estate che deva ancora arrivare.