Anonima Noire – Fino all’anima e ritorno (Autoproduzione)

Fino all’anima e ritorno è un disco che ci fa addentrare nella parte più intima che risiede in noi e lo fa con i racconti del tempo, con la passione di una musica che si fa ascoltare nelle continue concezioni che i nostri Anonima noire vogliono conferire multisfaccettando un piano sequenza che sembra lineare e cantautorale, ma che implementa, durante l’ascolto, la proposta, toccando un rock anni ’90 e memorizzando la lezione di Buckley figlio, in un contesto mutevole e in una sostanza che è pura poesia in musica.

Alcuni loro brani sono già apprezzati da diversi autori del calibro di Fabio Liberatori (Stadio), Gatto panceri, Paolo Audino (Mina,Celentano) e Vincenzo Incenzo (Renato Zero e i grandi della musica italiana) e in questo loro disco d’esordio la prova si fa strutturata in modo da creare forme costruttive non lineari, ma che incasellano i giusti sentimenti in spruzzate di colore che hanno per tema portante il declino nell’oscurità dove solo una luce può essere ancora di salvezza per i giorni che verranno.

Dieci pezzi che sono tracce del nostro percorso, dei nostri cambiamenti, canzoni smussate a dismisura che parlano di cinema di un tempo, di un desiderio nel partecipare a qualcosa di più grande e sentito, di un desiderio di felicità capace di far posto al buio della notte.

McKenzie – Mckenzie EP (Autoproduzione)

Raccontano il dolore e parlano del disagio, un power trio calabrese che si prepara alla tempesta in arrivo con forza e coraggio, indomita energia e capacità di dare luce e vigorosità a cinque pezzi che sono e che raccontano di cambiamenti epocali, di amori andati a male e distruzione cosmica che alla fine si relega nelle sonorità del pianto da cameretta anni ’90 in giornate grigie a cui non sai dare verso, a cui non sai dare un nome; ecco allora che i McKenzie arrivano in nostro aiuto, ci salvano guardando lontano dalla finestra, raccontando e denunciando sentimenti aleatori del tempo e del coraggio, che di certo a loro non manca, per fare di questa prova, completamente artigianale già dalla copertina, un punto di base da cui partire, una gravità sonora che si sparpaglia verso altre e nuove costellazioni, abbandonando la terra che poco piace e in un gesto, in un disco, far capire al mondo di questo loro lampo d’esistenza.

Il sistema di Mel – Felida X (Longrail Records/Dischi del minollo)

Quattro pezzi che sono il proseguimento di B aprendo la strada a sonorità ancora più taglienti, di un distorto vissuto e compattante, quasi in chiave live che dona maggiori certezze rispetto alla prova precedente e sa smarcarsi in modo esemplare in un rock che strizza l’occhio al post e concede pochi spazi, ma tanta sostanza, una sostanza ben rappresentata dalla forza non scontata dei quattro pezzi che si lasciano ascoltare attentamente in una lisergica idea di Come non Volevi per passare alle concezioni introspettive di Marta nella stanza fino alle possibilità ineluttabili di Litio e alla monumentale Spacecake.

Una prova di getto che non chiede nulla, una prova che è pura ambientazione sonora cupa e oscura a ricreare geometrie esistenziali e trovando spazio in un mondo obliquo che corre assieme a noi, spazi riempiti con le nostre malinconie, mai state così attuali come ora, in questo momento.

Suite Solaire – Rideremo (Autoproduzione)

Fuggire lontani oltre i nostri destini, oltre il nostro pensare e oltre anche a un’idea di realtà che ci siamo fatti andare bene per tutto questo tempo, un rincorrere con un salto il mondo che è sparito alle nostre spalle in cerca di nuovi appigli per poter andare avanti.

La band novarese Suite Solaire da alla luce un primo disco che parla del viaggio e parla delle mete da raggiungere come vie di fuga, è un album sul camminare lenti e osservare il paesaggio, un vivere le nostre coscienze in modo diverso, più sentito e forse reale, abbracciando un indie pop/rock che sa di Velvet e di cantautorato, tanto caro alla canzone italiana, piccoli racconti che si fanno poesia lungo gli undici brani che aprono il cammino con Un mondo di ghiaccio per arrivare al Il meglio è già passato a sancire un ulteriore sguardo verso la realtà da vivere fino in fondo, mostrando le nostre capacità e la nostra caparbietà.

Brani senza effetti sorpresa, ma lasciati cullare dalla melodia e dalle parole, sempre più essenziali in un’epoca come questa, sempre più esigenti nei confronti di chi la musica non la vive come un gioco, ma sa trarre da essa ancora spunti per ridere ancora.

Il terzo istante – La fine giustifica i mezzi (Autoproduzione)

Alternative rock in trio direttamente da Torino che apprende la lezione del tempo per rendere in modo egregio ed essenziale un affresco di questa società fatte di sogni infranti e accomunata dall’idea di fine, qui intesa come parte costruttiva del nostro vivere; i nostri ci dicono che noi abbiamo paura di qualcosa, abbiamo paura che qualcosa finisca, senza magari pensare al presente, al vivere di ogni giorno, noi essere umani ci preoccupiamo di cosa ci sarà un domani senza lottare oggi, in questo momento, senza vivere appieno le occasioni che la vita ci porta.

E’ un disco che si fa ascoltare questo e che sa costruire attorno a un disagio un vero e proprio concept su di un costrutto inusuale senza dimenticare le apparizioni di Paolo Parpaglione dei Bluebeaters degli Africa Unite al sax in Il blues del latto versato e Lucido e la voce di Sabino Pace già nei Belli cosi e Titor, nel pezzo Fenice,  un brano tiratissimo e coinvolgente tra venature hardcore e introspezione che ci richiede ascolto e attenzione in un sol fiato.

La fine giustifica i mezzi rilancia notevolmente la qualità della proposta e confeziona un disco che sa di anni ’90, di muri da abbattere e di periferie solitarie, dove ai margini c’è sempre qualcuno che vuole gridare al mondo la propria esistenza.

The Black Animals – Samurai (Stormy Weather)

Disco d’esordio per i The Black Animals, band nata da un progetto del cantante Alberto Fabi già presente nei Cardio e ne il Testimone, un disco che raccoglie un’idea non più collettiva, ma uno spazio preponderante per le divagazioni sonore e testuali dello stesso front man che per l’occasione si fanno corrosive e danno la possibilità di esplodere la rabbia repressa, capace di convincere fin dal primo ascolto, in un continuo divagare tra sonorità che fanno da ponte agli anni ’90, tra Nirvana e Foo Fighters per passare alla concretezza ultima di band come gli Artic Monkeys in dieci brani che sono il racconto quotidiano di un giovane in bilico tra un rock elettrico sostenuto e potente e l’eterno divenire in testi che aiutano a capire e ad entrare nell’immaginario di questa band, tra distorsioni e bassi ben presenti che si mescolano ad una batteria altrettanto precisa e roboante.

Un album senza fronzoli e orpelli, capace di penetrare in profondità e dare un senso alle giornate che stiamo vivendo, una prova d’esordio sicuramente vincente e capace di conquistare già dalla prima canzone; questo non è poco.

– FUMETTO – Qvando c’era LVI N°1- Daniele Fabbri, Stefano Antonucci, Mario Perrotta (Shockdom)

 

Titolo: Qvando c’era LVI N°1

Autori:   Daniele Fabbri, Stefano Antonucci, Mario Perrotta

Casa Editrice: Shockdom

Caratteristiche: spillato, 32 pp. a colori

Prezzo: 3,00 €

 

Diciamo che sto fumetto è corrosivo, diciamo anche che è immediato e diretto, di quell’ironicità sottile e allo stesso tempo dilagante che mette in piedi un teatrino ambientato nei nostri giorni dove il potere è preso di mira non in modo nostalgico, ma in modo dissacrante e utilizzato come pretesto per creare una sorta di bolla d’aria temporale dove i poveri uomini del mondo odierno sono chiamati a rivivere volutamente i dettami di una dittatura fascista egregiamente ridicolizzata e auto creata.

Un fumetto scomodo, ma essenziale, di quell’essenzialità che prima di tutto è storia, da far percepire non al solitario viandante che si occupa di temi sociali, ma prima di tutto è un modo per dare un senso e un valore al mondo che ora stiamo vivendo.

Troviamo la perdita del mito, del condottiero e la spasmodica ricerca di un leader in un tempo purtroppo, non sempre dimenticato, un duce e il suo saluto romano a testa in giù in copertina che sa più di beffa che di seriosa disciplina preannunciando ciò che troveremo all’interno delle pagine illustrate e poi ancora uno scienziato direttamente dalla Germania post ’35, capace di tutto per dare vita ad una creatura che…ma non vi dico più niente, il fumetto, almeno la prima parte, la troverete da domani 15 Aprile 2016 in tutte le edicole oppure online qui:

http://www.shockdom-store.com/fumetti/209-quando-c-era-lvi-vol1.html

Primo di quattro uscite, Qvando c’era lvi, nato dalle notevoli e argute menti di Daniele Fabbri, Stefano Antonucci e Mario Perrotta si pone al centro di un’attenzione mediatica importante; è arrivato il momento che la nona arte si metta al servizio di un mondo che rischia il tracollo, tra vecchi e malati ideologismi, per riscoprire l’importanza del fumetto di contenuto come lo era Frigidaire negli anni ’80, forse il paragone sembra azzardato, ma sento che la strada da seguire è proprio questa.

Mi sento Indie – Cortex/Crude Diamonds/Juredurè/May Gray (IRMA Records, RadioCoop, MEI)


Nella miriade di produzioni nazionali c’è un gruppo, un insieme di etichette che tenta quotidianamente di dare voce a band che si muovono nell’underground, ma che hanno tutte le carte in regola per emergere dall’oceano di musica quotidiano per farsi conoscere in un’espressione musicale che va ben oltre l’idea comune del disco lasciato in balia del tempo che verrà.

Mi sento Indie è prima di tutto un pensiero rivolto ai giovani con talento che sperimentano nel loro genere una nuova via di fuga dalla realtà, stratificando pezzi che senza l’aiuto di Radio Coop, IRMA records e il MEI resterebbero relegate poco più che in un cassetto o fatte sentire solo a nicchie precostituite.

Un progetto che pian piano sta riscontrando successo, anche per l’innovazione della proposta, in quanto i dischi prodotti sono dei piccoli EP formati da cinque pezzi , estratti da album già stampati e che hanno per comune denominatore un packaging uguale in sostanza, tranne che per il contenuto sonoro.

Dopo la pubblicazione a Dicembre degli EP di Remida, Mud, Carpa Koi e Wolther goes stranger, ora in Aprile usciranno le produzioni di Cortex, Crude Diamonds, Juredurè e May Gray.

Enrico Cortellino in arte Cortex è un cantautore atipico che attraverso refrain di effetto notevole regala emozioni radiofoniche senza essere banale, in testi ricercati e possedendo una capacità di scrittura importante ricevendo tra gli altri il premio MEI 2014 come miglior artista emergente dell’anno.

I Crude Diamonds invece fanno del rock il loro marchio di fabbrica, un suono spigoloso che passa dall’iniziale cantato in inglese della carriera per approdare ad un italiano che ben si lega strutturalmente alle canzoni presenti nell’album, un miscuglio di lingue dal puro effetto concentrico e deciso.

Con gli Juredurè si approda nel mondo della commistione di generi, nella etno patchanka, dove a legare in primis sono i significati che spaziano i confini per come li conosciamo e intensificano, grazie alla musica, i rapporti tra le culture del mediterraneo; una band già conosciuta per la colonna sonora di Il volo di Win Wenders.

Ultimi, ma non meno importanti, troviamo i May Gray, già presenti con il loro Londra nelle pagine di Indiepercui, caratterizzati da un post grunge che incrocia le sonorità californiane in un cantato multi sfaccettato e ricco di sfumature, un disco sul viaggio e sui viaggiatori di domani.

Quattro dischi che sono la volontà di dare un senso mirato al futuro, costruendo giorno dopo giorno qualcosa di nuovo e di importante.


 

-FUMETTO- Lorenzo Bianchi / Veronica Veci Carratello – David Bowie L’uomo delle stelle (Edizioni NPE)

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Titolo: David Bowie – L’uomo delle stelle

Autori: Lorenzo Bianchi/Veronica Veci Carratello

Casa Editrice: NPE

Caratteristiche: brossura, 128 pp. bn – seconda edizione

Prezzo: 9,90€

ISBN: 978-88-97141-77-8

C’è un uomo lassù nelle stelle che ci guarda dall’alto, imprigionato nella sua dimora, un uomo senza volto che cerca il proprio vivere all’interno del proprio passato e del proprio futuro, in una condizione temporale calpestata, alla ricerca di un gesto, di un attimo di felicità sperata, un uomo che si chiama David Robert Jones e racchiude il suo animo in una galassia di comete, nascosto dall’umanità e pronto a far scoppiare di luce i nostri occhi affamati di musica e speranza.

Questo fumetto è l’emblema di una rock star per eccellenza, di un’icona prima di tutto, che ha ricoperto d’importanza, tra alti e bassi, il mondo musicale per come lo conosciamo da quattro decenni a questa parte, un uomo prima di tutto fragile e eterno, non circoscritto, ma carico di una personalità prorompente e allo stesso tempo umana, un umano che Lorenzo Bianchi, l’autore, riesce ad intrappolare e a delineare, non attraverso una biografia, ma attraverso una costante ricerca lungo viaggi onirici nel tempo, tra attimi complessi e ricordi che implementano un io esagerato ed esasperato da un trasformismo che non era altro che natura verista allo stato larvale pronta ad esaltarsi in colorata farfalla, in un mondo senza tempo.

Gli attimi più oscuri degli anni ’90, quando l’essere fenomeno di massa attanagliava il Duca Bianco, sono descritti in maniera efficace e trasparente, merito anche dei disegni corrosivi di Veronica Veci Carratello, che accompagnano l’intero album e rimandano alla memoria i visionari deliri di un Lynch in splendida forma che ben conosceva il nostro David e ben si sposava alla causa della conquista di un luogo migliore dove vivere.

Un fumetto essenziale, per gli amanti di genere, tavole e narrazioni da avere e da rileggere più volte, per dare luce ed esaltare quella stella nera che ora si è spenta, ma che risplende ancora lassù, oltre il cielo per come lo conosciamo, da qui all’infinito.

Youvoid – Aware (IRMA Records)

Trip hop essenziale che si spoglia di tutti gli orpelli per arrivare giusto giusto all’essenza di una musica d’atmosfera, attirata da forti riferimenti di concetto e esibita in maniera lucente, quasi commovente, che ricopre lo spazio di tempo tra la terra e altre dimensioni possibili e luoghi inesplorati.

Ascoltare gli Youvoid fa ricordare gli elementi compositi di gruppi come Amycanbe e le geometrie canore di Francesca Amati, per passare poi ad un post rock che incrocia sonorità ben più care al Badalamenti e la sua collaborazione con Julee Cruise in un’attenzione maniacale al particolare che sa di internazionalità mai conclamata, ma tesa a creare una struttura elettronica di sospiri alternando le voci puntuali e morbidamente incisive di Lydia Pisani e Fabio Rossi; un calcolo mentale di luoghi vicini al nostro cuore.

Ecco allora che la poesia sonora acquista significato, gruppi di particelle si immedesimano in un mondo da ricreare, un mondo fatto di sogni ad occhi aperti e di circuiti neuronali da ristabilire per abbandonare vecchi ideali e abbracciare qualcosa di più grande che in qualche modo ricorda la nostra casa.