Volver – Octopus (Autoproduzione)

Volver è prima di tutto passione per il cinema che si incanala in un suono di puro effetto tastieristico e ingombrante capace di rallentare il tempo e proiettarci lungo tutto ciò che è dissimile a noi per farcelo amare, apprezzare, anche perché le conseguenze in questo loro Octopus sono tutt’altro che prevedibili e sanciscono un connubio tra musica e arte visiva ben congegnata e sentita.

Un disco che cita Nosferatu nel loro video di presentazione dell’album, Octopus poi è otto simbolo dell’infinito, come otto il numero di tracce che spaziano e sconfinano tra rock, blues, psichedelia ed elettronica, ammiccando ai suoni perfetti dei rockers da stadio degli anni ’90 come U2 e Bon Jovi pur mantenendo una caratterizzazione del tutto personale, quasi analogica nel complesso mondo del digitale.

Un album ricco di anfratti, ma che suona aperto, ritorna e si trasforma, sempre in cerca di nuove attitudini, alla ricerca di quella canzone perfetta che fa da corollario ad un immaginario che è racchiuso nella nostra testa e che a fatica tenta di uscire.

Danio Manfredini – Vivi per niente (Sotto Controllo)

Messaggi di segreteria, racconti di vita vissuti appieno, un’anima grondante catrame nero che parla del tempo che ci siamo lasciati alle spalle, che poi, anche se ricco di rimpianti sarà sempre uguale, un giorno, al tempo che viviamo adesso in una continua ricerca dell’essere umano che va ben oltre la caverna racchiusa dentro di Noi, ma si fa carattere sociale nell’isolazionismo dei giorni nostri e che rende merito al bagliore di una luce fioca, che, a tratti, sembra ancora distinguersi.

Danio Manfredini è uno degli attori di teatro italiani più importanti e anticonformisti, la formula del già visto non esiste e la sperimentazione occupa un’esigenza di vita, quasi fosse insito coraggio per proseguire a esistere.

Questo Vivi per niente è la forma più alta di poesia scritta in questi ultimi anni, è un disco ispirato e a tratti indigesto, nel senso più commovente del termine, che ci fa entrare nel suo mondo che alla fine è quello di ognuno noi, quell’inquietudine fatta persona che si respira dinnanzi a un grattacielo o tra lo scorrere delle auto in città; quell’esigenza quasi mistica di ritrovare noi stessi in un bicchiere mezzo vuoto e l’incostanza umana di non essere reali fino in fondo.

E’ un disco, questo, di cuori spezzati, contro ogni forma di classificazione, una musica d’autore che si fa poesia quotidiana nel raccontare un mondo che purtroppo esiste.

Johnny Dal Basso – IX (BProduzioni/Goodfellas)

Johnny dal basso arriva direttamente dal Mississippi con suoni sporchi però, ruvidi, quasi indigesti, ma allo stesso tempo che sanno cogliere il momento, la tentazione di procreare un esercito di nuovi seguaci che sempre più in questo periodo vedono l’alternarsi della chitarra e della gran cassa in una commistione sonora del tutto analogica, tra overdubbing di voce e chitarra con grande impegno e dedizione a testimoniare un’indignazione verso la società moderna, a testimoniare un salto di qualità per le produzioni a venire.

Psychobilly in salsa blues quindi che racconta di donne non convenzionali, a testimoniarlo il singolo Isabella che racconta di una strega assetata di vendetta, ma poi donne ai margini e ingombranti, donne che rapiscono uomini e donne che non hanno paura di celarsi dietro a mariti troppo premurosi.

Un album dal sapore sociale, ricco di energia che ricorda il vicentino Tony la muerte, altro one man band, altro che con il sudore riempie il palco di nuove speranze e aspettative altro che come il nostro Johnny alza il volume della voce facendosi sentire; una voce fuori dal coro che canta le illusioni della vita.

Mikeless – Il maniaco (Taitù Music)

Cantautore dall’animo pop che incanta per ironia e voce soppesata, capace di capire i segreti del quotidiano sovvertendo le regole del pop radiofonico e approcciandosi alla proposta in modo immediato, sin dalle prime battute, tra chitarra acustica e voce alla Giovanni Gulino dei Marta sui tubi in un cantautorato sottile e quasi satirico che racconta i nostri giorni in modo quasi sbarazzino.

Michael Fortunati ama Britti e si sente, lo si sente nel modo di suonare la chitarra e le corde che si trasformano nelle dita mancanti, sospiro per un tempo ricercato, un sogno in divenire e realizzazione, un intimo approccio studiato per rivelarsi utile quanto basta per dare vita a otto composizioni che non sono altro che assaggi del proprio stare al mondo.

Tracce quindi senza sosta, da Anima fino a Funky Love passando per la title track Il maniaco e la riuscita Solstizio generazionale; un one man band capace di proporre con gusto un cantautorato attuale e moderno, mai scontato e a tratti ricercato.

Bright Lights Apart – As everything falls apart (Autoprduzione)

Rock che sposa l’elettronica e la new wave incantando per uso di synth e soppesando di buon gusto una capacità costruttiva che è pura geometria esistenziale in un buco nero, capace di esigenza sonora e di utilità nel reagire al mondo di tutti i giorni, al mondo come lo conosciamo in una tempesta di fulmini e luce che non lascia scampo alla tenebra che avanza.

I Bright Lights Apart sono una band di Rovigo capitanata da Miles T e come creatura cangiante fonde i suoni più cupi degli anni ’90 per investigarli al meglio e trarre un vantaggio, nel sospirato tentativo di dare nuova linfa vitale a questa commistione di big bang non solo pratico, ma anche teorico tra accozzaglie sonore di questi ultimi tempi.

I nostri ne escono vincitori; curioso di poterli assaporare in chiave live il loro rock fa presto centro nelle sensazioni dell’animo umano, un rock che prima di tutto parte dall’anima, la cosa più pura che abbiamo, pronta ad intercettare cavalcate sonore che si fanno attuali pur raccontando del tempo andato.

Melody – Ci sarà da correre (Taitù musica)

Un disco bello e impostato, amante della canzone sanremese con la possibilità di cogliere l’indefinito in un abbraccio che si scompone e ricompone per poi proseguire il proprio cammino con canzoni che parlano di vita vissuta profondamente e in modo appropriato si lascia andare allo scorrere dei giorni.

Il disco di Melody Castellari raccoglie l’eredità del tempo e della canzone italiana, lo fa con testi semplici e diretti, che non lasciano a grandi interpretazioni di significato, lo fa con una voce graffiante quanto basta e  con una musicalità che ti entra diretta, senza però tralasciare il buongusto e la cura degli arrangiamenti.

L’album si apre con E’ tutto cielo a definire un bisogno primario di libertà, fino al finale consegnato alla memorabile Il testamento di Tito di De Andrè, dieci pezzi scritti e arrangiati da Camillo e Corrado Castellari che imprimono un’esigenza di fondo nel vivere la vita appieno non tralasciando nulla per essere, nel nostro piccolo, essenza pura di conforto quotidiano.