Atom made earth – Morning glory (Red Sound Records)

La terra e la sua creazione fino ad arrivare alla sua apologia, un puzzle emotivo simbiotico e inverosimile che riesce a scaturire fiamma vitale per tenere accesi i cervelli, per dare una possibilità in più, per sorprendere egregiamente e per creare tassello dopo tassello un quadro onirico e quasi strampalato, mescolando ambient, con il rock psichedelico fino al prog con quelle tastiere a segnare la scena e a dare manforte ad un’impalcatura molto ben suonata e ricca di suggestioni.

Un disco cha sa di passato, ma che allo stesso tempo si tuffa nel presente, tra improvvisazioni e spontaneità mai lasciata al caso; una sottile venatura di jazz poi riesce ad intavolare un sapore internazionale al tutto, non sacrificando il composto in un genere predefinito, ma definendo il sentito a poco a poco, gusto dopo gusto, intesa dopo intesa, fino al meritato finale che abbraccia altri continenti lontani, per una musica priva di parole che non ha confini.

mara – Ottobre ’66 (Brutture Moderne)

Digifile 2 Ante Con 2 Tasche Quote

Disco incantevole e soppesato, capace di quella forza gravitazionale che permette agli strumenti di entrare poco alla volta nell’incantevole voce di Mara Luzietti e di far si che il mistero che si cela dietro a queste ballate/canzoni in lingua inglese sia svelato a poco a poco tra ricordi di un tempo lontano e la rievocazione di quella nostalgia, del bisogno di tornare alle nostre origini.

E’ un disco fanciullesco, i passaggi lo delimitano e scavano in profondità per donarci una pelle nuova,  un nuovo vapore acqueo che mostra dietro di se un connubio perfetto tra ragione e sentimento, tra la voglia di partire e l’esigenza di aspettare, di riflettere, di trovare il momento giusto per la partenza della vita.

C’è un pezzo in mezzo a tutto questo, Notte di luna calante di Modugno, un pezzo elegantemente interpretato e arrangiato nuovamente, dove nulla è lasciato al caso e dove la costante ricerca porta a risultati convincenti.

Un disco quindi dal sapore vintage, ma allo stesso tempo un disco di ombre che si stagliano al calar della sera; forse una parte introspettiva che pian piano riesce ad uscire o forse più semplicemente, il mistero dell’album è una pura sfaccettatura dell’animo umano, alla ricerca costante di un posto dove vivere, alla ricerca costante di un posto nel mondo dove poter stare.

Toot – Error 404 (Sostanze records)

Elettronica e rock, rock ed elettronica che si fondono a creare un concetto inusuale e molto ambizioso, un suono ben amalgamato e ben mixato che stupisce per forte capacità di entrate nei testi che sono racconti di vita, racconti per ognuno di noi e il suono quel suono è una vera e propria bomba ad orologeria capace di penetrare e lasciare il segno, farti alzare dalla sedia e ricoprire l’atmosfera con luci e proiezioni, forti capacità intrinseche di coinvolgere l’ascoltatore come poche altre produzioni avevano fatto.

 I Toot con Error 404 sono tutto questo e non temono rivali e forse di rivali non ne hanno; una bomba elettrica quindi che fa sognare e sperare, sperare che qualcosa cambi, collaborazioni su collaborazioni, grande umiltà e forte presenza scenica, bolle d’aria che esplodono al suolo e si fanno portatrici di un suono finalmente nuovo, finalmente sincero, synth accatastati e acidi riff che non si dimenticano, i Toot segnano il cammino, lo fanno con classe e con grande capacità e scusate se è poco.

Majakovich – Elefante (v4v records)

album Elefante - Majakovich

Si respira fuoco e un’aria di novità, lacerante idea di un giorno che mai sorgerà ancora di nuovo e scoppiettante flusso di pensieri errabondi che trovano un canale di sfogo dopo giornate spese male, dopo l’eterna lotta tra bene e male, dopo l’insaziabile ira per una luce migliore.

I Majakovich sono tornati e lasciano il segno, lo fanno con testi spiazzanti coperti dal fragore delle chitarre elettriche e da quell’insaziabile bisogno di comunicare, di lasciare una traccia indissolubile nell’eco poetica che ci rappresenta, parole tormentate che si spiegano e vanno oltre, parole di rimando e testi che, in modo dirompente, lasciano presagire futuri memorabili per la scena indie rock italiana.

Paragonarli ai FASK sarebbe troppo semplice, i nostri cercano di trovare una propria via di approdo, un’illusione che svanisce, alla ricerca di un sentiero tangibile, partendo dalle origini ed estrapolando una carica dirompente capace di immagazzinare una forza che in chiave live si fa veicolo per raccontare e raccontarsi.

Da Elefante fino a Salvati il viaggio è una spirale, ricco di attese e sacrifici, la testa tra le nuvole, ma con i piedi sempre per terra, quelle parole poi che arrivano diritte al cuore e non ti lasciano più, questi sono i Majakovich e questo è il loro Elefante.

 

Marrano – Marrano Ep (Autoproduzione)

Sfrontati, duri e diretti, ma soprattutto veri, i Marrano si presentano così, con attitudine molto punk e suoni grunge fino a farti scoppiare il midollo, fino a farti giungere all’essenza, un vortice che rapisce fin dalle prime note, sorregge una buona impalcatura di base e conquista grazie ad un suono molto sporco, aperto e di sicuro impatto.

Per descrivere questi quattro pezzi al fulmicotone non abbiamo bisogno di molte parole, c’è un misto vibrante di suoni anni ’80 intersecati alla scena di Seattle del primo decennio successivo, un mood eccellente per stabilire una ripresa del tempo, uno spirito interiore che ammalia e disintegra, ma soprattutto arriva diritto al sodo.

In attesa di un disco completo, un full length dal sapore distruttivo, i nostri intascano una prova di coraggio e pronta a segnare il loro cammino.

 

ilNero – Essenza=macchina cuore cervello (Autoproduzioni)

Testi sospinti a protendersi verso il cielo, in vibranti scie cosmiche e luminose che intersecano i voli pindarici in assiomi e formule dal sapore nuovo e concentrico, lasciato a decantare nel tempo, pronto a rinascere tra il nero del mondo, tra il fango che circonda l’orizzonte e oltre.

Cabo, Gianluigi Cavallo, ex cantante dei Litfiba, con il suo progetto ilNero infonde nuova linfa vitale al classic rock italiano, con influenze assai dichiarate lungo le undici tracce che compongono il disco, tra amori vissuti appieno e bisogno di denunciare la realtà dentro un avvenire che di certo si prospetta sempre più mediatico e meno lasciato all’immaginazione e ai rapporti veri e reali.

Un disco ruvido ed elettrico, con momenti di velata introspezione, che il nostro, assieme all’intera band, conquista e ne esce vittorioso; abbandonati i fasti del passato, si deve ricominciare, partendo proprio da lì, da quel fiume dentro di noi che si chiama vita.

Astolfo sulla luna – Ψ2 (E.V.)

Tuffarsi inconsciamente in qualcosa che non si conosce e capire solo in un istante che tutto ciò che ci circonda è materia fluttuante e camaleontica, pronta a disgregarsi e a rinchiudere i nostri anfratti dentro a porte nascoste, dentro alla nostra natura, dentro a ciò che ancora non conosciamo.

Per questo nuovo disco gli Astolfo sulla luna sono ancora più arrabbiati e i cerchi concentrici creati fino ad ora non bastano più, i nostri hanno fame, hanno fame di distorsioni e parole lanciate al suolo, uno sgretolarsi che prova a rincorrersi senza passare inosservato.

40 minuti di musica e dieci pezzi che sono la summa di un percorso, tra l’illusione del bene e l’illusione che tutto ciò che viene fatto non serve più a niente; lacerazioni in età adulta tra identità ben testate e ricche di quella carica giovanile che rende ogni momento magico e importante.

Pavese Rudie – Pavese Rudie (Baracca Records)

Jacopo in arte Pavese Rudie è una creatura che si muove nella scena capitolina e intasca una prova dal sapore forte, che ingloba una musica di genere specificatamente reggae, indorando testi e cercando di trovare nuovi significati ed espressioni al contesto in cui vive.

Affacciato verso l’Atlantico, il nostro è debitore di un suono che colpisce per espressività e arte incisiva, un miscuglio eterogeneo di vissuti di luce e soprattutto una capacità che si applica completamente in toto solo con l’aiuto del collettivo Baracca, una grande famiglia, un grande gruppo di amici che comprende componenti di Radici nel cemento, Banda Bassotti, Banda Baracca e altri ancora per un suono che è un incontro, un’unione multiculturale e ricca di appeal.

Scrivere in metrica, scrivere in rima, lasciare il tempo al tempo e concentrarsi su ciò che resterà dopo di noi: le parole, quelle scritte, quelle che restano, un modo indelebile di lasciare traccia, quell’essere incisivi che si può tranquillamente ascoltare in pezzi come Polvere, Il mondo che vorrei e poi Estate ancora, quelle parole a segnare il cammino che vivono dentro di noi per sempre.

Un disco dal sapore di sfida, un disco da ascoltare e un album che racchiude quella parte di noi da riconquistare e assaporare al meglio fino alla fine dei giorni, perché poi tutto quello che resta inciso vivrà in un eco eterno.

Earth Beat Movement – 70BPM (Princevibe)

I colori della terra che prendono forma e regalano vita a qualsiasi pezzo di eternità che ci gira intorno, un costrutto emozionale che si staglia nel cielo e un amore per le cose fatte con calma, osservando, lasciando da parte le cose inutili e incastrando il tempo prezioso con ciò che amiamo fare di più.

Gli Earth Beat Movement, band fiorentina, dopo il successo del disco del 2015 Right Road, si concede con il nuovo a sonorità molto più reggae e incentrare nella massima conoscenza di se stessi protagonisti di una terra che ci vuole al centro delle nostre scelte e padroni del nostro pensare.

Il respiro che fa parte di noi lo possiamo assaporare e scoprire lungo le 14 canzoni che compongono il disco, a segnare il cammino, a comporre impressioni che abbandonano il tempo per riscoprirci nuova sostanza mutevole.

Ma noi vogliamo rimanere con i piedi ben saldi al terreno, essere legame unico con ciò che ci circonda; un disco che è un punto di riferimento per la scena reggae italiana, un album che, attraverso un concetto fondamentale, e non illusorio, ci permette di capire dove stiamo andando e cosa vogliamo fare della nostra vita.

DIFIORE – Scie Chimiche (Autoproduzione)

Intimità di una fioca lampada asciutta lasciata sorprendersi dai colori del sogno, ma anche della veridicità che abbandona l’onirico e si staglia con veemenza ad affrontare una realtà che si evolve e in netto contrasto con qualsiasi forma di presunzione si arroventa e consuma, rilascia forme nuove e rende il cantautorato un bisogno, un’esigenza da scoprire, una nuova forma per affrontare il domani.

Dentro a questo disco Difiore ingaggia un duello con se stesso, si racconta, ma si mette anche e soprattutto in discussione, un disco nato ancora nel 2013, un album che si è sciolto e allo stesso tempo ricomposto, si è trasformato e ha consegnato una vitalità del tutto nuova, non frenetica per intenderci, anzi delicata e soppesata, sentita.

C’è tanto amore e disillusione in questo album, dodici canzoni dalle Scie Chimiche italiane fino a Occhi di donna, quegli occhi che potrebbero portare il colore di un altro continente, chissà, forse solo il tempo saprà spiegare di che materia noi ci siamo auto costruiti e solo il tempo allora come in un solo istante potrà raggiungere l’azzurro di una nuova marea, l’atteso battito di un nuovo giorno e sullo sfondo le immagini di una vita, pronte a farci compagnia quando la sera inesorabile, cala su di noi.