The Hangovers – Different Plots (Unhip Records)

Hanno macinato la strada italiana, la conoscono a memoria o quasi e ora sono qui con questo disco accecante di luce, di sonorità grunge caraibiche, di rock trasformato per l’occasione in country folk e snocciolato in maniera immediata e spensierata, racchiudendo un marchio di fabbrica esemplare e non pre – costituito fatto di sogni e speranze, fatto di riflessi di sole e bagliori che spazzano via la notte, tra la disillusione e l’esigenza di formare, per divertimento, un gruppo esplosivo, oltre ogni previsione.

Questo disco racchiude i nostri anni migliori, musicalmente sembra di stare in riva al mare, in un anno solare dove non esiste l’inverno, tra inglesismi trasformati in italiano e viceversa, frutto di improvvisazioni altrettanto calibrate e ben celate da quella voglia, da quel bisogno di divertirsi, un’esigenza tutta italiana di racchiudere la bellezza in musica, con ritmi trascinanti e testi che non si chiedono mai troppo; l’essere multietnici non è mai stato così semplice.

Il disco assume le svariate forme della vita, assume il coraggio di creare, assume il desiderio di essere diversi, ancora per una volta, per scatenarsi disinibiti, abbagliati dalla diversità del mondo.

IO e la TIGRE – 10 e 9 (Garrincha Dischi)

Aurora Ricci e Barbara Suzzi in arte IO e la TIGRE dimostrano una capacità e un’attitudine punk da prime della classe, in modo disinibito e sciolto, cantano di amori non corrisposti e amori voluti, cantano della fragilità umana e della caparbietà nel costruire il proprio futuro, cantano di un’Italia da ricomporre, e dell’annosa ricerca nell’essere se stessi, indubbiamente catastrofiche, indubbiamente reali.

Ecco allora che questo affronto di inizio millennio, è un sasso che scuote la pancia, tra una Maria Antonietta e una Carmen Consoli tacco dodici che si dimenano tra pedaliere indistruttibili, tra Sick Tamburo e quell’esigenza quasi mistica di dare un senso eterno a quei numeri il 10 e il 9, un’aurea esigenza di provare ad essere diversi nel conformismo odierno.

Una cover alla Baronciani e i testi schietti che brillano per immediatezza ci fanno capire l’importanza dei rapporti, nella costante ricerca di una nuova via da seguire, un album che affronta a testa alta la vita e nelle cadute, la presenza sempre di qualcuno che è pronto a trascinarti verso una nuova vita.

 

Ono – Salsedine (Autoproduzione)

E’ la sperimentazione del cantautorato, è l’elettronica che si fonde con il rap di strada, è la vita inattesa che si proclama davanti dopo anni di distanza, è il primo disco di Ono, una creatura dalle mille facce, una creatura che riesce a ricordarci da dove veniamo, da quel mare che abbiamo impresso fin da bambini e che poi, inesorabilmente non abbiamo più visto con gli stessi occhi: le spiagge libere e gli amori ineluttabili, quasi vapori di un autunno alle porte.

L’immediatezza è il loro marchio di fabbrica una ricerca della felicità che viene racchiusa lungo le undici tracce quasi sbilenche che compongono il disco, undici canzoni che sono il frutto di un’attenta ricerca e soprattutto un attento uso dell’immaginazione, che ci rende, non più spettatori, ma veri protagonisti di queste composizioni che sbarcano nella nostra mente, regalandoci l’ultima ondata di calore, incursioni fanciullesche di una vita purtroppo lontana.

Ecco allora che il disco, pur contenendo una matrice di forte tiro e sudore, nasconde l’altra faccia della luna, nasconde la malinconia, nasconde i chiaro scuri esistenziali, quel voler essere fotografia sbiadita piuttosto che orpello da instagram dipendente; una musica che si fa ricordo pur appartenendo ai nostri giorni.

Eniac – I, Mother Earth (Edison Box)

Il pianeta terra non è mai stato così capito, non è mai stato così sviscerato per essere compreso, una sostanza mutevole egregiamente manipolata dal nostro Fabio Battistetti, in arte Eniac, che attraverso le suggestioni elettroniche ambient ci regala un concept sul costrutto e sul paradigma essenziale che ci lega indissolubilmente alla madre di tutte le nature e approfondisce con un solo gesto un mistero filosofico dal grande impatto emotivo.

Già conosciuto per le sue prove di installazioni emozionali e strutturali il nostro si affaccia perennemente con questo suo progetto ad una prova fatta di minimalismo, che sa raccontare, captando segnali dal futuro vicino a noi, quasi i Nova sui prati notturni con le loro rilevazioni ambientali, quasi un’esigenza incompleta di proferire eleganza raccontando di radici che sono alla base di ognuno di noi.

Ecco allora che i dieci pezzi si dipanano tra le ombre sonore di una meccanica mai edulcorata, racchiudono l’essenza della vita stessa, un viaggio in orbita per vederci più da vicino e per farci capire che siamo parte di una realtà tante volte sottovalutata; un disco per farci tornare sui nostri passi, tra gli elementi della natura, tra noi piccole formiche tante volte così insignificanti.