Giancarlo Frigieri – Troppo tardi (Contro Records/New Model Label)

Al settimo album la sperimentazione continua, Giancarlo Frigieri riesce con grande maestria e capacità a dare un senso e una forma ai suoni, quello che solo uno sperimentatore è in grado di fare, la cromaticità che acquisisce sostanza e la ricerca introspettiva si convince di un mondo fatto di sconfitti e di relegati, che seppur raggiungendo minimi attimi di felicità, si relega a mero burattino in uno spazio infinito.

Nella sua ricerca, il nostro cantautore, usa sapientemente filtri e ed effettistica, dando ai posteri un album ragionato e dove i testi emulano suoni di batteria, dove parole recitate in lingua finlandese creano basi ritmiche e dove gli assoli di chitarra sono sovrapposizioni di melodie classiche, nel vero senso del termine, da Bartòk a Stravinskij, passando per Debussy e Holst senza dimenticare Shostakovich, il tutto condito da un Guccini che suona moderno, Francesco che incontra Vasco Brondi, sembra una blasfemia, ma l’effetto e l’uso di contorsioni sonore porta ad un risultato del tutto originale e pieno di capacità e speranze per quello che deve ancora arrivare.

I testi parlano di noi e dell’accettazione della sconfitta come parte vitale dei nostri giorni, un seguire all’infinito aspirazioni che alla fin fine sono la morte del nostro pensiero e Giancarlo lo sa bene, cantautore atipico, rimescola le carte in tavola per dare un senso diverso ai canoni imposti di ogni giorno.

Le mosche – Boa Viagem Capitao (New Model Label)

Il viaggio è partire verso mete che non conosciamo, verso strade che non sono sempre uguali e soprattutto verso strade che non ci appartengono, quasi le affittiamo per un momento, le calpestiamo contro il sole o contro la pioggia, partiamo verso l’infinito raccontandoci di come sia tante volte triste partire, pensiamo al viaggio sempre e solo come mera vacanza, ma non ci ricordiamo che a viaggiare sono le popolazioni di tutto il mondo, mai come ora sembra e soprattutto si viaggia per cercare qualcosa di migliore, si viaggia perché si scappa, si scappa perché non c’è futuro; il viaggio è il nostro futuro.

Le mosche ci raccontano con estrema grazia, quasi in punta di piedi questa loro scoperta quotidiana, lo fanno con il piglio dei veterani, intersecando una voce femminile che si racconta alla musicalità del cantautorato maschile, un percorso che nasconde sempre una capacità intrinseca di andare a fondo dei problemi, di analizzare con estrema efficacia parole e forme che le evocano tanto da dare un senso circolare al tutto, qui rappresentato con forza dall’intero disco.

I nostri si approcciano, con notevole capacità, alla canzone d’autore italiana, quella fatta dai grandi, per tutti, incontrando il jazz e la tradizione meridionale in un vortice continuo di emozioni.

Un album che parla di noi e di come siamo esseri complessi che sfuggono a qualsivoglia forma di interpretazione, noi esseri sognatori in cerca di un qualcosa che non riusciamo a chiamare sempre con il nome adeguato; perché il viaggio non è solo un ricordo da raccontare, ma è e si fa principalmente, attimo di vita vissuta.

CRNG – 542 Giorni (New Model Label)

La band fiorentina entra con gran merito, dopo 542 giorni di gestazione, nel grande e immenso panorama della musica italiana alternativa e soprattutto underground, confezionando un disco che sa di terra e umanità, che sa parlare e conquistare al primo ascolto, con suoni duri e diversificati che si aprono a sostanze ultraterrene nella ricerca del mood giusto che comprime qualsivoglia necessità e si espande caratteristicamente in una prova dal sapore deciso e convincente.

Sono 11 pezzi che sembrano quassi affrontare il disgusto per la società e la continua ricerca di un modo diverso di combattere l’altalenante vivere di ognuno noi, poco compreso alle volte, ma che si fa forma canzone abbracciando testi di puro impatto metafisico, che si lasciano si ad elucubrazioni in divenire, ma che ci narrano vissuti che ci accomunano; estese rimembranze di un volere terreno.

Il loro è un alternative rock che si affaccia all’atlantico, mantenendo una componente italiota che non guasta, tra Muse e Ministri, tra tocchi di wave ottanta e pre grunge con disinvoltura abbracciati dal migliore rock anni’90.

Un disco fatto di rabbia e abbandono, un disco che sa cullarti e come mare in tempesta sa mostrare la parte più minacciosa e misteriosa, quasi fosse una tormenta in cui ci troviamo investiti ogni giorno.