MinimAnimalist – Ora o mai più (Autoproduzione)

Duo stoner rock che non vuole incasellarsi in un ordine prestabilito, oltre i preconcetti confezionando una prova molto ruvida, ma al contempo che sa di prog abbracciando con simpatia tutta la musica degli anni ’70, quando i mostri rock si lasciavano andare  a prove convincenti, inusuali e sperimentali.

Due ragazzi, Fabio Cazzetta alla voce e batteria e Davide Bianco alla chitarra, che si lasciano trasportare incasellando energia lungo i confini di un genere del tutto ragionato, ma che lascia spazio, in chiave live, ad improvvisazioni sonore che sono molto più di ciò che possiamo ascoltare nel disco, perché è proprio in questa forma rappresentata che il tutto si modifica e si evolve, si concede e lascia al suolo sudore e capacità espressiva che si associa bene a gruppi combo del calibro di BSBE.

Un disco che sa di passato, che sa di vino buono lasciato ad invecchiare, tra strumentali e cantati sussurrati, partendo con Non è metal questo e poi via via raggiungendo JDBBD passando per la riuscitissima Dance like Fibonacci.

Un disco senza mezze misure che è pura sperimentazione sonora, oltre il concetto di scopiazzatura moderna e oltre tutto ciò che viene percepito e sentito come fonte di guadagno ammiccando al ritornello facile; un duo dalla forte personalità che farà parlare ancora di sé.

La Governante – La Nouvelle Stupéfiante (LaFabbrica)

Essere piccoli il giorno di Natale e aprire per magia, senza sapere cosa ci si aspetta il regalo più grande che si ha davanti, il regalo più ambito forse e sotto quella carta colorata scoprire un mondo fatto di pensieri in libertà e tanti, ma tanti suoni che escono dal pacchetto colorato, come fossero rappresentazioni di un mago che sa incantare intere generazioni.

Potrei fermarmi qui per raccontare il disco dei La Governante, un miscuglio omogeneo di tanta classe ed eleganza, condito da un’elettronica stupefacente che lascia a bocca aperta per ricercatezza sonora e sogni che si fanno ad occhi aperti, non c’è pezzo che si assomiglia e i nostri ricercano in un post rock tutto italiano e sghembo la loro via di fuga dalla realtà, concentrando le attenzioni in un mix riuscito che ha delle forti connotazioni e radici nel cantautorato italiano: Battiato su tutti.

Citano Bianconi, riferimenti saldi di quello che verrà e si lasciano cullare da intersezioni di ampio respiro utilizzando una poetica che è riferimento a ciò che vedono gli occhi e a ciò che vede il cuore, in un cammino fatto e segnato da una voce quasi angelica che si amalgama bene al contesto generale, regalando ad ogni ascolto nuove forme di interpretazione.

Ascoltare i La Governante è un po’ come andare a Venezia per me che ci abito abbastanza vicino, ad ogni via ti perdi e nello stesso tempo ti ritrovi a casa, ogni luogo non è come lo hai visto la volta prima e tutto è bellezza nuova, pur conoscendola come le proprie tasche: il nuovo che avanza visto con gli occhi di un bambino il giorno di Natale.

Fusch – Chemical Light (Jestrai Records)

Bombarde chimiche circoncise e allucinate che lasciano code di se e sprazzi di umore cosmico a rinfrancare una scena priva di costante tensione, ma capace di evaporare i sudori di un nuovo giorno tra fasci di luci perenni e capacità nascoste, celate, ma in continuo movimento; abbattere substrati altissimi per riportare a galla una psichedelia tutta italiana, tutta forma e sostanza, con una cantato che per scelta è piuma d’uccello che si alza in volo.

I Fusch sono tornati e lo fanno alla grande, costola della Jestrai in tutto e per tutto, in questo nuovo disco, dopo la ricerca sonora in 3 atti dei precedenti, i nostri si affacciano su di un baratro apocalittico dove le energie convogliano lasciando piccole particelle di noi stessi, piccoli e minuti ricordi di un tempo lontano, di quell’affacciarsi alla vita fatto di istantanee lisergiche quando la poesia non era rovinata dall’ultimo apparecchio elettronico in circolazione, ma il tempo e la costanza permettevano di intessere legami con gli altri e soprattutto con noi stessi.

Si perché questo è un disco interiore, di un’interiorità mai raccontata, che indaga sulla voracità della vita, che indaga sui nostri malesseri e ci conduce verso mondi lontanissimi e abbracciati come amanti sulle rive del mare, guardiamo la marea che si alza, sospinti dalle onde, dall’acqua, sostanza vitale del nostro essere umani primordiali; affacciati alla vita e pronti a tenerla per mano.

Kayseren – Il gioco della Regina (Autoproduzione)

La regina colpisce ancora, la regina vuole impadronirsi di un mondo e dall’alto della sua grandezza gioca a scacchi con la vita, gioca la partita di ognuno di noi, un’imposizione dall’alto che senza compromessi ci obbliga a costruire una realtà fittizia e puramente assoggettata ad un qualsivoglia ordine prestabilito.

Sovvertiamo questo ordine dicono i Kayseren, alternando la schiettezza dello stoner con l’ammorbidirsi della melodia in divenire che fa strada e ci conduce nella tana del bianconiglio, lo fa nel fitto del bosco, lo fa abbracciando la musica cara agli anni ’90 passando per Pearl Jam, Nirvana, Soundgarden senza scordare le ruvidità nostrane dei primi album di Verdena e Marlene Kuntz.

Tre canzoni che non passano inosservate, cantate rigorosamente in italiano, capaci di intessere concetti filosofici di ampio respiro domandandosi quale sia l’alternativa utile per un domani migliore.

Buona prova questa, che oltre a nutrire una forte componente fiabesca, si affaccia alla realtà disintegrandola e cercando sempre e costantemente nuove vie di fuga.

Mat Cable – Psychotronic Drugs (Alka Record Label)

Rock aggrovigliante che si immedesima nelle sfumature del punk non ricercato, ma diritto al punto, alla ricerca di vie d’uscita da una prigione immaginaria dove contendersi quei pochi fili d’aria che permettono di respirare ancora, per vivere di nuovo, tra chitarre graffianti e la sete indispensabile di portare a compimento un progetto alla rinfusa che trova spazio con un’attitudine di ricerca che non si snocciola, ma per interezza si affaccia al mondo musicale con schiettezza e tenacia.

Loro sono i Mat Cable, formazione nata nel 2014, che grazie ai loro vissuti musicali e grazie alle loro esperienze decidono di convogliare le forze per dare vita ad un progetto di sporco garage che strizza l’occhio oltreoceano per creare un connubio stilistico di forte impatto emotivo che tende alla ricerca e non alla copiatura, grazia mai sospinta per una tavola ruvida che si fa ammirare.

Il quartetto formato da Raffaele Ferri alla voce e alla chitarra, Ottavio Rastelli all’altra chitarra, Edoardo Ferri al basso e Francesco Lupi alla batteria, incanala le energie del momento per dare vita a substrati di coscienza poliedrica per cinque pezzi che si fanno ascoltare partendo da Fight or hide, passando per il singolone Under my skin e chiudendo le danze con Choose your way, babe.

Un disco senza misure questo, che va diritto al punto senza chiedersi troppo, trasformando la realtà in energia, i vissuti in suoni di un qualcosa che ci appartiene.