La Belle Époque – Il mare di Dirac (Autoproduzione)

phpThumb_generated_thumbnailjpgMare infinito di particelle di energia negativa che inglobano testi energizzanti cantati in italiano che si sovrappongono a un lontano già sentito per rispondere con forza e preponderanza ad una costante ricerca di attenzioni, dentro a macchine immerse nella pioggia, in città grigie e incolonnate, quasi fosse il mondo che abbiamo attorno il vuoto cosmico di pura fisica teorica.

La Belle Époque, quasi per assurdità, raccontano tutto tranne che un’epoca di rinnovamento, ci parlano di come la terra sia una continua attesa che ci spaventa, noi alle prese con l’esterno che non sappiamo governare, noi alle prese con quel qualcosa di ignoto e misterioso che ci attira a se e ruba l’aria, non fa respirare e ci costringe a rimanere schiacciati addosso al muro dei nostri pensieri più lontani.

Dentro ai loro testi però c’è anche la speranza di reagire, nel mare di negatività, l’assoluta forza parte dentro di noi e tra ritmi incalzanti di indie rock italiota i nostri confezionano una prova convincente sotto molti punti di vista in bilico tra Ministri e musicalità tipiche del rock alternativo degli anni ’90 e del cantautorato più innovativo.

Un disco quindi che si domanda e si chiede quale sarà il nostro futuro, si vola con Icaro, Fuori di me e la bellezza di Cracovia, per consacrare l’assolutezza con la title track e chiudendo il cerchio Con l’amore nei piedi.

In bilico tra ciò che eravamo e ciò che saremo, un disco introspettivo e allo stesso tempo energia destabilizzante che si incontra ad ogni ascolto, che si rende pensiero portante in attesa di giorni migliori.

 

A Violet Pine – Turtles (T.a. Records)

Continua la ricerca e l’attenzione sonora degli A Violet Pine, capaci di infondere potenza ruvida ed essenziale, calibrata da un’elettronica di contrasto e incisa per relegare l’inutile al fondo e contrarsi sull’essenzialità in primo piano.

La copertina è una meraviglia visiva, incisiva, con pochi elementi e riconoscibilissima; una cover che racchiude il senso del disco, un cavallo che traina un uomo lungo il mare, il nome del disco tartarughe e quella natura dominante in grado di percepire le difficoltà ed essere lei stessa timoniere del tempo, tra passato e futuro, senza mai fermarsi in questo presente discostante e perennemente fuori moda.

Fuori moda dell’intelletto, le nostre sono solo congetture, sono solo pensieri che aprono le danze come se tutto fosse un gioco The Game per finire con una parola, una domanda, Why?; il perché è dentro di noi, perché accada tutto questo, perché non riusciamo a relegare l’oscurità ad un altro pianeta lontano e non facciamo dello splendore della luce una nuova ancora per vivere ancora?

Tra new wave rock anni ’80, ricordando la fragilità di Ian Curtis, i nostri confezionano un gran disco, sia dal punto di vista estetico, sia dal punto di vista musicale e di contenuti: l’acqua sostanza vitale accompagna e in fondo, solo in fondo un orizzonte da riscoprire.

FermoImmagine – Frammenti (Autoproduzione)

I frammenti dei FermoImmagine costituiscono i pezzi vitrei di una vaso che affonda le proprie radici più di trenta anni fa, quando facevano capolino nella musica leggera i primi sintetizzatori per affermare una base di elettronica pronta a divincolarsi lateralmente e letteralmente da tutto il punk che si stava affacciando di prepotenza, dando un senso ambient maggiore ai costrutti che si alternano negli anni a venire.

I nostri FermoImmagine sono intrappolati in quegli anni, anni di sperimentazione e al contempo capacità sonora di intrecciare il testo, le parole, la poesia con qualcosa che di per sé risultava nuovo e d’altra parte sostanza essenziale, il cantautorato che si fonde in modo esemplare con l’elettronica che si apre ad incursioni sonore mai osate, delicate e ricercate in una spazialità che prende forma e unisce l’attesa con un qualcosa che ancora dobbiamo valutare e comprendere.

Si ascolti con efficacia pezzi come l’apertura La gabbia e poi via via Nebbia, la riuscita Pugile fino a 40 anni, quasi un testamento, che si conclude con 11.12.13 remixata a dovere per dare un nuovo volto a qualcosa di precedentemente già sentito.

Un disco che si affaccia all’orizzonte e raccoglie le parti perse di ognuno di noi; inconsapevoli insiemi di particelle e di materia, tra certezze non ancora raggiunte e il tempo che scorre e non si ferma, tra i santo Barbaro e quel pizzico di cantautorato sospeso a creare immagini oniriche che sono parte di Noi.