Nymphalida – Portraits (Tranquillo Records)

Mi piace definire questa musica, una musica senza spazi e confini, da assaporare nota per nota e da dove poter attingere il giusto nutrimento nell’attesa che avvenga qualcosa di importante e di sperato.

Questo è un progetto davvero singolare, dietro a tutto questo troviamo Pietro Bianco che si diletta tra rumori di sottofondi sonori accompagnati da un pianoforte malinconico e ostentato che ricorda il Nyman di Lezioni di piano, atto alla rinascita in divenire di archi sintetizzati e preciso nell’istante di colpire al cuore ancora un volta.

Un suono calibrato e congegnato da quei meccanismi di ricercatezza che fanno in modo di inglobare narrazioni da altri pianeti e improvvisazioni sonore che introducono a nuovi brani con singolare perspicacia.

Ecco allora che la chitarra classica prende il posto del pianoforte ricreando una malinconia, diversa, quasi desertica aiutata da flussi di vento e incedere filiforme di ombre sonore.

Un disco, una colonna sonora utile e preziosa, raffinata e ricercata, che parla del tempo, della solitudine e di quella costante ricerca di perfezione che accomunava i grandi compositori degli anni passati.

Il dono – La rivolta ideale (29 Records)

Granitici e anti classic rock che ricordano molto i primi Afterhours, dissonanti e allo stesso tempo incisivi, capaci di raccogliere nel tempo quella necessità di fuga e di rivolta che deve provenire dal basso nell’intento di creare qualcosa di vero e unificante.

Portatori di un suono che lascia trasparire attimi di genialità la band romana Il dono si lascia ad elucubrazioni sonore che vedono l’elettrica in divagazioni catartiche di gioventù sonica.

Un fardello quindi che deve essere scaricato e l’atto della rivolta ne è l’esempio, l’emblema che ci porta al cambiamento, alla riunificazione della sostanza in un pensiero condiviso, create per Noi da Noi.

Testi in bilico tra trasposizioni poetiche e vissuti quotidiani che lasciano molto all’immaginazione e alla prorompente idea di cambiamento si pongono in competizione con la necessità di andare oltre un’etichetta e coraggiosamente i nostri ne prendono la via.

Una via sicura e precisa, battuta, ma non per questo banale, segno del tempo che matura e degli ascolti quotidiani che si fanno fonte d’ispirazione per creazioni sempre nuove nell’attesa che il rock torni al suo stato puro di essenzialità e ribellione.

PlunkExtend – Prisma (QB Music)

5 canzoni, 5 colori, tracce malinconiche che si spezzano all’inesorabile declino e alla speranza di centrare sonorità post floydiane in lento crescere e divenire.

Un pop rock ricercato che trae linfa vitale attraverso sonorità legate ai gruppi di fine ’90 primi 2000 in testa fra tutti Perturbazione, Paolo Benvegnù per finire con Amor Fou.

Testi che incantano per veridicità e introspezione e mettono in risalto una chitarra acustica che scioglie e crea atmosfere rarefatte coadiuvata da un’elettrica che fraseggia e si lascia trasportare ad effettistiche calibrate.

Un colore e uno stato d’animo, un colore e una creazione nuova che mescolano attimi di vita all’illuminazione, nell’intento di farsi strada, di ricercare un pensiero oltre il grigiore delle città.

Racconti di vita quindi che incanalano una tonalità che ci introduce alla canzone che sta per arrivare, al pezzo che vuole renderci partecipe della sua singolarità.

E come in un quadro il tutto si fonde in un’immacolata bellezza pronta ad ammaliare e a stupire ad ogni nuovo ascolto.

Zail – Worthless (Wasabi produzioni)

Sperimentali quanto basta per entrare in un limbo di suoni elettronici compressi all’interno di un cubo esistenziale dove passano neuroni e satelliti spaziali, divincolati da sonorità ultraterrene capaci di sperimentazioni fuori-norma e costantemente alla ricerca di una via da seguire.

Duo italo-tedesco con sede a Berlino, che non dimentica le origini italiane, si concede di fondere atmosfere trip hop al Kraut rock post industriale, ponendo l’accento su incursioni alla Massive Attack e fondendo sui generi una vibrante tempesta di colori.

Ricordando per certi versi i Radiohead di King of Limbs i nostri osano fino ad arrivare ad una concretezza tangibile.

Gruppo già maturo e collaudato capace di sorprendere per l’internazionalità della proposta e per la spiccata capacità di fondere testi criptici ed emozionali a melodie post noise e intense.

Questi sono gli Zail e Worthless è il loro primo Ep.

 

Luca Loizzi – Canzoni quasi disperate (Autoproduzione)

Queste sono tutt’altro che Canzoni quasi disperate, anzi, sono delle vere e proprie perle che omaggiano il tempo che trascorre dietro di Noi.

Un turbinio di suoni acustici e strumenti ben suonati, che anche solo per un momento, ci fanno assaporare quel cantautorato malinconico, ma vivo e presente come fosse un suono a noi famigliare.

Dopo il primo album pubblicato con Puglia Sounds Records, il nostro Luca Loizzi si cimenta in una prova ricca di armonie perpetue dove a farla da padorne è quell’esigenza di chiudere un cerchio che si apre inevitabilmente con le esperienze della vita e trova come sola via di fuga il viaggio, tra personaggi stralunati e testi taglienti che si ripercuotono in un pensiero condiviso.

Il cantautore si fa quindi cantastorie e dopo numerose collaborazioni che lo portano ad una crescita personale il nostro si permette il lusso di fondere il proprio stile con la canzone francese e la tradizione cabarettistica d’alta scuola italiana.

Ecco allora che sembra di stare dentro ad un circo ipnotico, pieno di parole dove trarre giovamento; bellissima E se per caso che si dipana in folkeggiamenti fino ad Estate di merda di Fumarettiana memoria che porta al finale di Valzer senza nome.

Un disco da spiagge deserte dove raccontare un’estate che non c’è più e dove sperare che qualcosa si veda, di nuovo, là, oltre l’orizzonte.