Hikobusha – Disordini (MotherFuckArt – SeahorseRecordings)

Un vaso sopravvissuto che prende forma, in una commistione indefinita di generi che vanno dal cantautorato passando per il trip rock, electro wave, l’indie rock di matrice anglosassone e le cavalcate in sospensione di gravità toccando fondamentali poeti che hanno fatto la storia della letteratura italiana e mondiale del nostro tempo.

Un disco complesso e vorticoso, che non da tregua e ci trasporta lungo convinzioni snocciolate nei protagonisti di questa prodezza Stefano Maurizio alle chitarre, Davide Gammon alla voce, Paolo Zangara al basso e Jama Ferrario alla tastiera e campionamenti.

Un quartetto che per l’occasione annovera produzioni di spiccata eleganza come Jean Marc Tigani (De Andrè. Ruggero, Soerba) e una volontà di ridare alla new wave un nuovo corso incrociando Interpol a Editors di In this light and on this evening il tutto però cantato in italiano.

Si snocciolano testi che fanno da monito al futuro, si integrano le parti mancanti di un tutto che è pura capacità espressiva al di fuori di ogni confine di genere.

Un gruppo maturo quindi che rinvigorisce le introspezioni del nostro tempo comunicando frasi e pensieri che non possiamo dimenticare.

Laceranti e convinti, taglienti e profondi questi sono gli Hikobusha e questa è la loro anima in mutamento.

Flying Disk – Cricling Further Down (Etichette varie)

Sporchi e laceranti impressi di quel petrolio vivo che ti colora di nero e ti fa sembrare un altro, una persona diversa davanti alle avversità della vita.

Un progetto complesso e prodotto da numerose etichette punk hardcore della penisola, diciamo anche tra le migliori, che investono per far smuovere aspirazioni che guardano con piglio deciso ad una evoluzione dell’indie rock nostrano.

Hardcore che però si sente in dissolvenza, perché i nostri ascoltano molta musica e si capisce dalle influenze anni ’70 con Black Sabbath, passando per il grunge dei ’90 di Melvins e Soundgarden.

Un disco pieno di rabbia e abbandono, crescente nella metamorfosi che subiscono gli otto brani nel corso dell’ascolto.

Quando meno te lo aspetti il cambio si fa sentire, quasi un cambio musicale che immortala serenità scomparse per lasciar spazio al fragore quotidiano.

Immedesimazione quindi allo stato puro, ascoltare pezzi come Scrape the bottom o Martina’s Shoes tanto per citarne due per capire la voracità che ha questo trio insaziabile di comprendere nell’essenza le difficoltà della vita.

Gran prova di coraggio, in tempi come questi, per i Flying disk, portatori di un suono che non ha definizione, ma potrebbe essere esso stesso un fattore in divenire per generazioni future.

Aeguana Way – Cattivi Maestri (Warning Records)

Affrontano la realtà la affrontano per lottare e per gettare il tutto all’interno di un qualcosa che ora più che mai è sentimento di disgregazione passante per il centro che in questo caso è il nostro cuore.

Questo disco entra dentro già dalle prime battute, già con il singolo che da il titolo all’album Cattivi maestri, raccontando di sogni che non si riescono a perseguire e immutate carezze che non sono più carezze.

Questo album è uno schiaffo in faccia alla realtà presa in questo caso da esempio per non essere imitata, fin da bambini, fin da quando le nostre innocenze erano definite tali, rincorrendo aquiloni che ora sono grigi color del cielo.

Aeguana Way hanno dei collaboratori d’eccezione membri di Marta sui Tubi, Management del dolore post operatorio e la loro musica è tutto ciò che di meglio possiamo trovare nel panorama rock italiano.

Si attraversano Subsonica in catarsi marleniana fino a comparire disinvolti nell’attraversare un mare in tempesta che è quello di tutto l’indie internazionale targato ’90.

10 pezzi che parlano di Noi dei nostri desideri andati in fumo e della voglia di ricominciare ora come non mai.