Mezzafemmina – Un giorno da leone (Controrecords)

Mezzafemmina un giorno da leoniE’ molto difficile trovare al giorno d’oggi dei dischi che ci fanno riflettere e al contempo ballare: un giorno da leone di Mezzafemmina rientra tra questi.

Tra ballate dolci amare il nostro, all’anagrafe, Gianluca Conte, confeziona un album ricco di sostanza da esportare e pieno di quella capacità primitiva di entrare in subbuglio con i nostri parametri vitali scardinandoli e lasciandoli vagare indisturbati e liberi.

La scena piemontese è ricca i questi giovani talenti e il cantautore in questione, al suo secondo album, porta a casa una prova convincente e varia soprattutto sotto l’aspetto stilistico: nella cura dei testi e nelle musiche, che per l’occasione sono state mixate da Giorgio Baldi, già produttore e chitarrista di Max Gazzè.

Numerose poi le collaborazioni, in primis con Cristiano Lo Mele e Gigi Giancursi dei Perturbazione, con Fabrizio Cit Chiappello, Federico Puttilli dei Nadar Solo e con il rapper Chef Ragoo.

Un disco eterogeneo che fonde una leggera elettronica ad arrangiamenti stabili, ma destabilizzanti, dove l’improvvisazione e il lasciarsi trasportare sono armi vincenti che abbattono tutto ciò che può sembrare buio regalando attimi di aria in posti dove l’aria non c’è.

Ci si prende in giro, si racconta l’Italia sterile, che non concepisce, che chiede, ma non fa, in cui le parole si abusano e il significato di queste ultime varia a seconda dell’occasione: un’Italia misera.

Sentire per credere la traccia di apertura 364 giorni di oblio o la Collezione di Vizi che si caratterizza per una sfida portata all’eccesso nell’inseguire ciò che mai sarà nostro.

Le altre tracce scorrono bene e scorrono veloci si passa a l’Italia non è con sussulti struggenti in Silvia, credimi, finendo in bellezza con Le verità banali.

Un disco maturo, complesso e capace di scardinare prese di posizioni che non sempre risultavano comprensibili e tanto meno malleabili, un album da avere per ricordare a noi, ogni giorno, che possiamo essere diversi.

Francesco Cerchiaro – A piedi nudi (Dischi Soviet Studio)

Un uomo che si siede allo scrittoio della sua vita e racconta frasi, poesie, narrando di miti e storie di tutti i giorni dove il protagonista non è altro che il bambino diventato adulto, il neonato che diventa anziano.

In mezzo c’è tutto il resto, in mezzo ci sono nuvole di polvere e di tempesta che si sradicano grazie ai possenti raggi di sole che si inerpicano pian piano lungo le 11 tracce che con questo primo disco, Francesco Cerchiaro è in grado di regalare, di volta in volta, passo dopo passo.

Un cantautore intimista, schivo, essenziale, minimale e caratterizzato da quella dolcezza disarmante che è veicolo di comunicazione facile in tempi così difficili per la comunicazione, momenti in cui siamo bombardati da qualsiasi messaggio e discernere l’essenziale è sempre difficoltoso, quasi ostico se non impossibile.

Francesco ci riesce bene e a piedi nudi affronta la prova e ne risulta vittorioso dopo l’impresa.

Occhi che si chiudono e corpi che fluttuano lungo tutte le canzoni del disco, immaginando una realtà fatta di ricordi e continui amarcord post cantautorali dove abbandonarsi, lasciando al proprio passaggio una scia di luce.

In silenzio, quasi per caso, si inizia con Le bugie della domenica finendo con Il treno che torna da Eger, non ci si accorge nemmeno che tutta la vita di un uomo può essere stata compressa dentro a questo album, pieno di trascorsi si, ma anche pieno di speranza.