The elements – Mister Orange (Yaiag records)

Fragorosi e spigolosi, toccanti come un pugno nello stomaco, un pugno che scalpita per colpire, per entrarti dentro e bruciarti le interiora, lasciando solo sogni che si espandono e muoiono, un porto di incubi che fanno parte di tutti noi e si intensificano con l’ascolto del loro album Mister Orange.

Una commistione di vari generi, si parla di rock, del rock più duro, intarsiato intelligentemente con stoner e punk a creare una miscela esplosiva di pure ed evocative linee esistenziali che si assaporano lungo tutti i brani del disco.

Si prendono in considerazione e si scomodano grandi nomi, ma questa non è la sede per farlo, noi ci limitiamo a descrivere questo lampo improvviso che assapora lacrime che cadono con la pioggia.

Attimi di tensione viscerale si assaporano in Mister Orange passando per le vibranti Americana e The Battle, i toni si distendono con Miserable song, che ricorda Staind in primis, mentre The king rilancia la band verso sogni di gloria impazzita dal colore della nebbia che scompare, interessante poi la bonus track cantata completamente in italiano che denota una capacità insita della band di fare delle buone cose utilizzando la lingua madre.

Un disco carico di adrenalina questo, che si esplora pian piano lungo le 11 tracce.

Intarsi di legno aranciati si confondono sulla via del ritorno mentre i 5 di Monza si scaldano per colpire anche dal vivo, un’emozione a cui non si può chiedere di rinunciare.

Portugnol connection – Dans la rue (Autoproduzione)

Nella strada si incontrano personaggi strani, si fanno conoscenze, si amplificano le nostre forme di comunicazione per entrare in simbiosi con il mondo che ci circonda trovando un pensiero comune per procedere mano nella mano.

Gesti quotidiani che si intavolano lungo le dieci tracce che compongono il primo album completo dei Portugnol connection, un concentrato di sentire comune in cui la Patchanka si mescola in modo disilluso al folk più combattivo, che lascia intravedere luce di speranza verso un nuovo solstizio che guarda al mare.

I sette si propongono con un disco suonato e travolgente dove strumenti comuni lasciano spazio a quelli di genere come la tromba e le percussioni.

Dieci pezzi da strada che raccontano partendo da Dans la rue un sentimento di amicizia che si lega lungo il percorso , un guardare oltre la direzione che si sta prendendo, un scegliere dettato dall’istinto e non più dal dovere.

Si bevono tranquillamente poi tracce come Il vino o Chango, passando per la poetica Konfucio roads o l’essenziale finale ne Il dislivello.

Un disco pieno di colori che riesce a donare un senso ad ogni sfumatura, dove l’idea dominante si concretizza con la salita del grattacielo grigio-fumo che è dentro ad ognuno di noi.

Horizon – L’acchiappasogni (Autoproduzione)

Album meditativo ispirato a saghe storiche con un’incedere cadenzato da batterie sincopate e cantato lirico che si perde nella notte dei tempi ricordando gruppi come Muse e Radiohead in primis.

Una raccolta di piccoli semi da far germogliare verso un nuovo futuro sicuramente migliore di quello che stiamo vivendo, assetato dalla voglia di creare fitte trame comunicative dove le chitarre si lanciano e si disperdono in riff cadenzati e strutturati per dare un senso a quella contemplazione umana che si fa quasi ultraterrena.

Meditativo quindi è la parola chiave perchè il cantato si fa presente, ma riesce ad essere onda che travolge in modo delicato, come essenza che invade un corpo che ti appartiene fin dalla nascita.

Peosia musicale, cantato in italiano per questi cinque giovani di Rimini, che regalano un piccolo ep ben strutturato e suonato in tutte le sue parti.

Grande poi il singolo Bianconiglio che ricorda sonorità legate a Negramaro e La fame di Camilla.

Contrappunti sonori che si intrecciano in arpeggi infiniti, pronti ad esplodere con caparbietà verso il mondo che ci circonda; forse questo è il loro marchio di fabbrica, restare indie, ma con sonorità da pop d’oltremanica, cercando in continuazione una via da seguire.