Barbara Cavaleri – So rare (Wasabi Produzioni)

Tappeti sonori che sembrano foglie giovani di Primavera, un incrocio di alberi che si innestano a ricreare un vissuto di esperienze ultraterrene che si divincolano sapientemente tra melodie che intrecciano Lali Puna alla canadese Morisette, passando per l’italiana Lubjan.

Un concentrato di suoni che cercano un contatto, una connessione con gruppi extra territorio nazionale come Placebo, Editors e Radiohead su tutti.

Echi di quest’ultimi si concentrano nelle basi ritmiche e dai contrappunti di synth che per l’occasione vedono la presenza di Leziero Rescigno, attuale batterista e tastierista con Amor fou e in precedenza nella formazione dei La Crus.

Un suono quindi che ammalia e che avvolge, lasciando lontano i pensieri inutili e ricreando un’atmosfera molto soffusa dove la perfezione si tocca e si percepisce in pezzi come la “graciana” “Desire” o la suadente “Just do it again” passando per la bellezza ammaliante di “Home” .

Barbara Cavaleri porta a casa un disco fatto di sogni, speranze e soprattutto grazia, una grazia immacolata ricca di sfumature e lontana da tutto ciò che può sembrare banale.

Una prova dal volto maturo che strappa ricordi al passato lontano.

Moostro – Moostro (Autoproduzione)

moostroo[1]Questo è Lindo Ferretti che incrocia il cantato-preghiera con il punk più nervoso e malato di CCCP, un suono curato, ma allo stesso tempo sporco, un odore di putrefazione che si accosta al profumo di una rosa appena sbocciata, un’estate che sconfigge l’inverno per lasciare posto al bello e al nuovo.

I “Moostro” con questo loro primo full lenght ci regalano emozioni che si perpetuano lungo le nove tracce del disco, un’assordante e silenziosa melodia che ci magnetizza e con ironia importa caratteri adolescenziali nel passaggio  all’età adulta.

Si ascolta con leggerezza “Il prezzo del maiale” come “Silvano pistola” anche se sono pezzi che ci fanno riflettere sul movimento circolare della vita che tutto prende se non sei tu a far qualcosa per cambiare.

Ecco allora che arrivano dirompenti “Underground” e l’autolesionista “Mi sputo in faccia”…controvento, un inno generazionale sulla disillusione e l’ineluttabilità.

Un disco che brilla di luce propria, particolare e azzeccato per il nostro tempo.

E poi quel cane in copertina, grosso, lento, con il pelo fin sopra gli occhi, non può vedere e non può sentire, forse quel mostro siamo noi?

Il mercato nero – Società drastica (SeahorseRecordings)

Un rap che si trasforma in musica Indiepoprock.

Qual è la formula alchemica di tutto questo? Qual è questa capacità di mettere in rima parole con basi musicali che non sono loopate, ma suonate in modo perfetto con strumenti “comuni” e l’aggiunta si sintetizzatori?

Il mercato nero, al loro primo disco, mette assieme frasi condite con un velo d’ironia scalciata dalla drasticità della vita, una vita non fatta nella strada, ma per la strada, una vita che risucchia il tutto che viene rielaborato grazie all’utilizzo del vintage anche nel generare suono.

Ecco allora che il vecchio incontra il nuovo, il nuovo che non è sempre positivo, non è sempre portatore di sani principi e il “Mercato nero” lo sa bene in quanto in questa loro  “Società drastica” il tema, il senso del disco si evince già in “Esche vive”: presagio di un mondo corrotto, avido e utile nella sua inutilità.

Si snocciolano bene poi gli altri brani, a rimarcare in modo ancora più netto le parti che siamo in qualche modo obbligati a recitare, fanno fede pezzi come “Tossico”, “Demoni” e “Inferno”.

Il tutto suona come una fotografia che cola colore, che si lascia sporcare attingendo dalla voracità dell’abisso una linfa nuova per emergere dai sobborghi industriali, un bianco candore a denunciare i pericoli del mondo moderno, una poesia in rima quindi che scalcia con gran classe gli stereotipi quotidiani.