G-Fast – Go to M.A.R.S (La Fabbrica)

Parole semplici e dannate, gridate, a volte sussurrate da una voce roca che si proietta nello spazio in profonde ostilità di passaggi intercosmici dove il buio sembra la chiave per risolvere ed esplorare un infinito che vuole essere principio del tutto mentre provoca solo caos e dannazione.

Il rocker bluesman G-Fast con questo album “Go to M.A.R.S” vuole segnare un cammino fatto di pietre dure da spostare e ricordi che si fanno sempre presenti nella mente, quasi canzoni a ricordo di un tempo lontano, ma che vogliono essere portatrici di esperienze da applicare ogni giorno nel quotidiano.

Un album ricco di energia e passione dove i sogni sbattono addosso al vetro della realtà toccando vertici di phatos in pezzi come la title track o la fumante “Mystical Man”.

Tracce da bassifondi mentali dove chi occupa la nostra testa è solo un pensiero da far volare via come in”Like an angel” o nell’incedere tribale di “The crow i s back”.

Il finale è lasciato alla splendida “What I think of you” che abbandona i territori motorheadiani per entrare con peso leggero in atmosfere più ipnotiche e distensive.

Un uomo solo contro il mondo, un progetto anomalo, ma di certo riuscito che crea un connubio perfetto tra l’impresa solitaria e la forza di un’intera hard rock band. Da applausi.

Sara Velardo – Polvere e Gas (Autoproduzione)

Sara Velardo confeziona un ep ricco di atmosfere che racconta senza peli sulla lingua la situazione statale che facilmente corruttibile porta l’essere umano ad abusare di ciò che purtroppo risulta legale e legalizzato.

Il gioco d’azzardo, la prostituzione, i pagamenti a rate che subdolamente nascondono tassi d’interessi troppo alti per un mondo civilizzato.

Dentro alle sei canzoni che compongono “Polvere e gas” si parla dell’annientamento e della conformità a cui siamo abituati girando per le strade, una conformità che è raccontata in “Il mio amore immenso” con tanto di cori e ritmo tribale, una canzone da stadio che si allontana allo stesso tempo dagli eventi “ammazza gente” domenicali.

In “Solo seta” si possono ascoltare echi di Jeff Buckley che dialoga con Carmen Consoli in un anfiteatro romano abbandonato al tempo.

Nel pezzo“Ad occhi chiusi” la cantantessa sussurra “…il tuo stipendio non basterà a risanare la società…” mentre la successiva “Ospiti della tua testa” ammicca al rock blues in power chord più tradizionali.

Il finale è affidato ad “ ’Ndragheta ” pezzo presentato lo scorso 6 Giugno, giorno della nascita del presidio di Libera “Paolo Bagnato” e successivamente accolto con gran calore da riviste quali “Venerdì di Repubblica” e programmi come “Uno Mattina” che portano il brano a guadagnarsi la vincita del premio nazionale “Musica contro le mafie”.

Grazie a questo lavoro ci si presenta davanti una cantautrice che fa della protesta un’occasione sensata di crescita, un album privo di catene e ricco si spunti per riflettere e far riflettere.

Lontano dai fenomeni di massa quotidiani Sara Velardo ha tutte le carte in regola per trasportare la massa verso mete migliori.

Gambardellas – Ashes (BigWave Records)

Con i Gambardellas, in soli quattro pezzi , si ripercorre la storia dell’hard rock tardo ’70, prima dell’invasione “new wave” e prima di tutto ciò che possono simboleggiare gli anni ’90 con annessi e connessi.

Un suono granitico, preciso e tagliente, registrato con maestria e corposo quanto basta per definire attimi di ispirazioni post bellica, da granata deflagrante e pronta a distruggere le idee che uno si può fare guardando la cover del disco.

Una cover quasi esoterica, che abbraccia il senso di certe copertine di quegli anni, con la capacità di intravedere lo spazio per un attuale innovativo, presentando agli ascoltatori un proprio stile: se non del tutto originale sicuramente in evoluzione.

Solo quattro canzoni che si ascoltano d’un fiato e ti fanno capire quanto di buono ancora c’è in Italia, tanto criticata a volte e persa nei dibattiti sull’importanza di cantare in italiano in un’era, cazzo, dove tutto ciò che ci circonda fa parte di un mondo più grande, internazionale, cosmopolita.

I tre si prendono il lusso di rifare “I got mine” dei “Black Keys”, ancora più dura e in tiro dell’originale.

Un gruppo, ne sono certo, bravo quanto basta da riuscire a trasmettere in pochi attimi un concetto ed un’energia non comuni tra le giovani band.

I Gambardellas sono Mauro Gambardella, Glenda Frassi e Grethel Frassi: pronti un’altra volta a farvi vibrare la terra sotto ai piedi.