Edoardo Cremonese – Siamo il remix dei nostri genitori (Dischi Soviet Studio)

Edo cioè Edoardo Cremonese al secondo disco diventa il nostro Rino Gaetano.

edoardo-cremonese-musica-siamo-il-remix-dei-nostri-genitoriTesti leggeri, ma non troppo, carichi di quell’ironia elegante che si fa strada giustamente tra le numerose copiature celebrate in questi anni del cantautore folk stralunato del momento, insomma da Dente in su…

Con questo disco il pensiero è concentrato immensamente su tavolozze di colori leggeri ma pieni di ritmo, un distillato di energia convogliata in refrain enigmatici e ripetuti, facili ritornelli che entrano lasciando tracce comprensibili da tutti, senza chiedersi nulla di più, senza voler celare dentro ai testi chissà che significati reconditi e criptici.

Il disco vede la presenza di numerosi ospiti che regalano camei inaspettati come Lodo Guenzi de Lo stato sociale, Nicolò Carnesi e Alberto Pernazza degli Ex – Otago.

Capolavoro sonoro e ballabile la title track “Siamo il remix dei nostri giorni” dove il bisogno di una vacanza è simbolo di una gioventù stanca che vive degli errori fatti dai genitori.

“Super-Noi” invece è arpeggio immancabile, partenza pacata per aprirsi in “Neffa” sotto al sole con Charlie Brown e Company a far delle giornate una questione di vita.

Pezzo assai divertente è “Samuele” canzone di sogni infranti e promesse mancate, mentre “Bello come quando” racchiude la tristezza dell’uomo  medio ingabbiato in un’ auto parcheggiata sotto la pioggia.

“A Milano col trattore” per portare un sorriso ad una città che non ride mai si aggiunge la finale “Sant’Antonio” la più diretta sicuramente nelle intenzioni.

Edoardo Cremonese confeziona un disco pulito e di sostanza dove la materia prima viene utilizzata per far nascere sorrisi infiniti sulle bocche di ascolta.

Un gran gesto di continuità con il passato che fa del cantautore un portatore sano di satira e capacità di ingegno sempre nuove su cui contare per i giorni a venire.

 

PineAppleMan – PineAppleMan (Autoproduzione) a cura di Virginia Bisconti

Nove minuti e cinque secondi. Come non rimpiangere il silenzio.

ListenerSpesso, sempre più spesso oggi, desideriamo il silenzio.

Ogni giorno siamo torturati da milioni di suoni, note, rumori, baccani e frastuoni, che prepotenti cercano di ritagliarsi un posto ingombrante, auto-eleggendosi a colonna sonora delle nostre vite. La musica ci segue ovunque: dalla radio-sveglia la mattina, nei super mercati mentre riempiamo i carrelli, al telefono mentre –disperati- cerchiamo di risolvere questo o quel problema con il nostro operatore telefonico. Insomma, diciamocelo: agogniamo il silenzio e ne abbiamo talmente bisogno da immaginarlo come un’oasi in pieno Sahara.  Di questo potremmo dirci tutti più che convinti, no?

Eppure, prima o poi, ti capita di imbatterti nella sistematica smentita: per me è stato l’EP di PineAppleMan. Tre tracce, nove minuti e cinque secondi, che valgono più di qualsiasi oasi, che se immagini una colonna sonora non può che essere quella. Tre pezzi che non ti seguono, ma si fanno inseguire, a cui fai posto volentieri e che ti lasciano con il labbro superiore arricciato in un sorriso.

I suoni soft, velatamente pop e con una forte influenza folk, ed il cantato in inglese sono retti da una armonia ben congegnata, che solo l’inconfondibile impronta indie può coordinare: il risultato sono tre pezzi accattivanti  e fuori dal comune.

Il primo, Love in Japan, è un crescendo di note che si accarezzano le une sulle altre, e accompagnano abilmente la voce del cantante, ricordando una ballata solenne. Il pezzo si apre in totale silenzio, con una domanda per certi versi retorica: “Where is your love”. L’atmosfera è poi smorzata da una malinconica viola, che pone l’accento e detta un ritmo che ben si sposa alla chitarra, conducendoci dolcemente attraverso la nostalgica melodia ad una risposta netta e assoluta. La domanda inziale è, infatti, parte del refrain, che involvendosi in se stesso, sembra abbandonare la risposta alle nostre mani: “On the island of Japan”. 

 Il secondo pezzo, PineAppleMan, vanta un ritmo incalzante e vitale, solare, come una sferzata d’aria fresca, di quelle che inaspettatamente spalancano le finestre e lasciano entrare la luce, le novità ed i cambiamenti. Il tema portante, suggerito dal sound compatto, è proprio quello della rinascita. Il folk qui la fa da padrona e senza esitare accompagna le parole, dando loro significati che non immaginavamo potessero avere. L’enfasi del pezzo sboccia grazie alla viola in sottofondo che a tratti sembra ovattare l’intero ritmo, ma che in realtà suggerisce l’evoluzione ed il cambiamento, sancendo così che “A rebirth with a new name”.

 Infine l’ultima traccia: Extraordinary World. A mio parere il “dulcis in fundo” che non può mai mancare. Si tratta di uno di quei pezzi che riascolteresti all’infinito, senza mai stancartene, perché ad ogni nuovo ascolto cogli qualcosa di diverso, di nuovo. Un inno alla bellezza, non necessariamente quella canonica, ma piuttosto quella che ci circonda ogni giorno, e che passa inosservata. La melodia malinconica ci suggerisce paesaggi acquarellati e pomeriggi piovosi. Il piano accompagna tutto il pezzo, creando quasi una relazione simbiotica con la voce che sembra a tratti essere un sussurro.

Virginia Bisconti.