Montauk – Montauk (Autoproduzione)

montaukUna voce che sa essere pulita e sporca allo stesso tempo, una voce che convince fino al tempo massimo in cui ci è concesso di procreare generazioni sfrontate di Post-core; inni generazionali gridati al contrario che di comune accordo accrescono la fame di sapere grondante e di velleità nascoste.

I bolognesi Montauk si avvalgono di 8 ottimi illustratori per raccontare le loro altrettante canzoni presenti nel loro disco, canzoni che affascinano per coerenza di testi e di significato e per suono non banale, ma ricercato nelle viscere del rock stoppato e altre volte narrato in un saliscendi emozionale che dona infinite vertigini.

Tracce della caratura di “Come fossi il tuo cane” si aprono con antiarmoniche e pesano grazie ad un testo efficace e cori precisi, “Il bruco” incontra gli Offlaga, “Da quando non siamo più” invece è debitrice di suoni che ammiccano al brit rock, in chiusura “Piove” che ricorda l’Emidio Clementi più arrabbiato.

Un esordio misterioso e quasi nascosto da contrappunti sonori degni di una formazione navigata, anche se qui ci troviamo di fronte ad un indie rock giovane, ma ben strutturato e legato dal filo nero e cupo che si fa colore portante nella via verso casa.

8 tracce di pure contaminazioni, in cui il giovane gruppo trova aria e spazi in cui muoversi rimanendo sempre a proprio agio e con un pensiero legato a quella striscia di terra che si affaccia al mare, pronta a raccogliere l’acqua salata del quotidiano.

The brain olotester – Wash your blues away (I dischi del minollo)

Una moglie seduta in un angolo che guarda stupita ed incredula, ascoltando un uomo che suona sogni d’amore e di speranza nel grigio, poi la lucthe-brain-olotester-cover2013-250x250e fioca divampa e tocca attimi di vertigine sublime in pezzi quasi psichedelici e ipnotici che non lasciano tregua a sensazioni banali e a risvegli privi di sostanza.

Un lungo carillon che abbraccia regole spontanee, ma innovative, dove il già sentito è da accantonare per lasciar spazio ad un nuovo modo di approcciarsi al cantautorato che da un po’ di anni a questa parte aveva fatto il sold out mentale con i vari musicanti degli anni zero.

Giuseppe Calignano invece in questa sua bellissima seconda prova viene affiancato da numerosi amici tra i quali Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione e alcuni membri degli Airportman regalandoci un disco che stupisce, sia per approccio che per attitudine ad una novità musicale che abbraccia Genesis intimisti, Sparklehorse fino ad arrivare ai primi Belle and Sebastian, passando per MGMT.

Le canzoni sono sussurri di sostanza vitale e come non possiamo gridare al miracolo in pezzi quali “Unexpected revelations” con intro e code strumentali da brividi spaziali, o in “My timeless present” dove gli archi sono conditi con un giusto mix di elettronica, mentre “The sad ballad of Mr.Spaceman” ricorda il James Iha del poco fortunato “Let it come down”.

La finale “Wash your blues away” corona intimi sogni di gloria con la voce di Giuliana Negro.

Un album di puro ascolto senza mezze misure che predilige il sussurro al frastuono che di questi tempi è un toccasana alla confusione che gira nei canali mediatici di quell’oggetto chiamato televisione che riflette un popolo consumatore estremo poco propenso all’ascolto in silenzio, un disco immacolato e grandioso che sa riflettere in modo delicato sul più grande mistero dell’umanità:  l’amore.

L’armata Brancaleone -Tutti in piedi (Autoproduzione)

cdZingaresche acrobazie per questa super band dal sapore d’altri tempi in cui non possiamo non alzarci dalla nostra sedia per ballare a ritmi sostenuti piccole perle dal sapore orientale, legate al ricordo di fisarmoniche russe e ballate selvagge in cui ci si può rispecchiare nei testi onirici e di protesta che non sono leggibili al primo ascolto, ma richiedono un’immedesimazione quasi fanciullesca ed arrabbiata per un mondo che non cresce e si divincola in tortuosi sali- scendi senza scampo e senza ragione.

La band di Macerata esiste dal lontano 2001 e nel corso di questi anni ha potuto condividere il palco con artisti affermati come Ginevra di Marco, Vallazanska ed Enrico Capuano nonche compiere un tour nel 2007 in Bosnia – Erzegovina.

Piccoli gioielli questi, per “L’armata Brancaleone” impreziositi da un potente e preciso violino che esalta la base ritmica formata dagli strumenti più disparati come chitarre e fisarmonica, basso e batteria.

Una prova all’altezza di nomi più blasonati come Modena City Ramblers e Casa del Vento, anche se qui ci avviciniamo ad un suono molto legato alle armoniche scanzonate della Bandabardò e a ritmi gitani e passionali in cui parole e musica legano perfettamente in un universo giullaresco, dove  ad essere oggetto di denuncia sono i detentori del potere.

Confezionato in modo esemplare questo album aspira a salire sul podio del genere, regalando canzoni mai banali e raccogliendo giorno dopo giorno fiori nel cemento.

Barranco – Ruvidi, vivi e macellati (Autoproduzione)

I Barranco sembrano usciti dall’alta Inghilterra del XII secolo tanto è forte la presenza di un folk studiato per entrare in un medioevo di miti e leggende dove strumenti inusuali si fondono con un cantato d’altri tempi ricco e rigoglioso di sfumature e di termini dimenticati; sono canzoni d’ambarranco-musica-streaming-ruvidi-vivi-e-macellatiore verso una terra che non dona da un po’ di tempo i suoi frutti, lasciando il posto a tormenti intimi e incolto seminato.

I 5 padovani cresciuti tra Merlara e Montagnana abbandonano il rock alternativo per incontrare lidi nascosti e particolareggiati dove coste inesplorate sono il pane quotidiano per una via meno diretta, ma ricca di gratificazioni a livello personale.

La voce di Alessandro Magro è quella di un cantastorie d’altri tempi che regala picchi di ascesa verso tonalità dall’alto sapore evocativo.

Il tutto suona unico e il disco in qualche modo deve essere ascoltato traccia dopo traccia per sottolineare una continuità stilistica che fa immergere l’ascoltatore in un libro di Tolkien o di Brooks.

Si parte per un viaggio inaspettato con la bellissima “Io parlo al vento” e si arriva nel finale con la dolce “Il cielo non si apre”, dieci canzoni in tutto esaltate da un packaging stupendo costituito da una serie limitate di 300 copie interamente confezionate a mano dall’ormai innovativo studio del padovano Zulato.

Un disco – concentrato di succo di vita che rimane nella mente come un ricordo d’infanzia, quando i draghi occupavano la nostra testa e i cavalieri erano li pronti a scacciarli per farci tornare inesorabilmente al mondo a cui siamo abituati.

Granprogetto – La cena del bestione (Millesseidischi)

Se prima si chiamavano “La camera migliore” ora si sono trasformati in “Granprogetto”, regalando all’ascoltatore nuvole fantasmagoriche di disequilibri quotidiani.

I 3 toscani confezigranprogettoonano 13 canzoni di immacolata intenzione dove conglobano pensieri moderni e ossessivi legati al quotidiano triste vivere tra appalti e falsari porta a porta che volendo si specchiano su una totalità catastrofica dal nome Italia.

Questi ragazzi si cimentano con gli strumenti più disparati: dai classici basso, chitarra e batteria passando per cembali, banjo e custodie rigide.

Marco Balducci, Francesco Fanciullacci e Davide Miano devono essere ascoltati ad alto volume, solo così la loro musica può arrivare direttamente ai circuiti neuronali passando per vie tortuose e psichedeliche dove il power rock si mescola al country e alla musica strumentale trascinando code infinite di bellezza da assaporare.

Canzoni come “Allo zoo” o “Roy Scheider” non possono passare inosservate come del resto altri pezzi dai titoli più strampalati come “Frateferroviere”.

Una prova che fa pensare al miracolo, anche perché il trio toscano meraviglia con una capacità rara di spaziare senza identificarsi in nessun genere prestabilito.

Aspetteremo l’uscita del disco il 27 maggio a cui seguirà il primo video di questo “Granprogetto”, un lavoro che fa forza su poche e semplici regole, un album che si inerpica su sentieri mai banali e di certo rigogliosi.

Per info:

https://www.facebook.com/granprogetto