Nicola Battisti – Nicola Battisti (Cabezon Records)

Nicola Battisti è un cacover-Battisti-600x600ntautore atipico.

Atipico non come cantautore, ma come cantante di un’epoca a cui i paragoni stanno stetti.

La sua opera è racchiusa in 12 canzoni che mirano al riappropriarsi minuto per minuto di quella melodica canzone italiana che da anni ormai, se non con qualche rara eccezione vedi Non voglio che Clara, sembra abbandonata verso lidi nascosti perché accusata di essere mielosa e soprattutto retorica.

E invece no! Nicola grazie a dei testi semplici e una voce calda e coinvolgente al battere del piede ci fa scoprire che il belcanto deve essere riscoperto anche per concorrere in modo efficace al padroneggiare di talent show dove tutto risulta ridicolo e manovrato.

Nato sotto la stella protettrice di un cognome importante, il veronese per l’occasione si lascia andare verso territori conosciuti reinterpretandone forma e gusto estetico.

Ecco allora che l’album risulta orecchiabile quanto basta per riuscire ad apprendere testi diretti senza che risultino banalizzati dal saliscendi di note e chitarre sovrapposte da strumenti rigorosamente vintage come Rhodes, Mellotron, Wurlitzer e Hammond.

Canzoni come “Formula d’amore” o “Dove sei?” racchiudono lo spirito dell’intero disco: scanzonato e ritmato, semplice quanto basta per gridare al miracolo, perché di questi tempi ascoltare buona musica pop d’autore, senza scadere nell’ovvia ovvietà, risulta impresa impossibile.

A Nicola il merito di aver riportato in auge uno stile e un gusto retrò dimenticato da tempo nell’attesa che qualche artista sanremese navigato lasci il posto a veri cantautori.

http://www.nicolabattisti.com/

Penelope sulla luna – Superhumans (I Dischi del minollo)

Questa recensione arriva minollodopo 6 mesi dall’uscita di “Superhumans”, ma di certo non può non stupire l’ascolto di questi 8 brani che sono la prosecuzione di un percorso iniziato dai Penelope sulla luna ancora 7 anni fa; toccando picchi di cieli stellati e andirivieni cosmici che non possono lasciare indifferente chi li ascolta anche solo per la prima volta.

Il terzo album in studio dopo il fortunato “Enjoy the little things” possiede intrinseca la colonna sonora del quotidiano condita in salsa post rock da uno strumentale distorto: colonna portante di un film dalle ambiziose aspirazioni.

I 5 emozionano e lo sanno fare egregiamente, perché nella loro musica nulla è affidato al caso e ogni nota è associata ad un ritorno progressivo alle origini di Mars Volta, Mogwai e Don Caballero che penetrando in profondità regalano fiori recisi di uno splendore unico da riporre su di un tavolo per la propria amata.

Pezzi adrenalici come “Superhuman” ricordano il Corgan di Machina che intrattiene ad un party i QOTSA, i passaggi poi tra le varie canzoni sono colpi al cuore dove la tastiera fraseggia in intro eleganti come in “Feathers cry in pillow wars”.

“Rainbow club” con melodie chitarristiche ascendenti sembra essere la canzone più solare del disco mentre “Vendetta” è sussurro gridato e quasi incomprensibile ai più che si dilata fino a scoppiare come mine in defrag.

“Goblin” conta i passi che la portano a “That’s not how the story endes” per un finale delicato che non vuole essere condotto/ricondotto al capolinea.

Bella prova davvero, un concentrato di melodia rumorosa da veri intenditori che affiancando un suono a tratti meditativo ricostruisce con minuziosa precisione i secondi che ci separano dall’esistere.