Barranco – Ruvidi, vivi e macellati (Autoproduzione)

I Barranco sembrano usciti dall’alta Inghilterra del XII secolo tanto è forte la presenza di un folk studiato per entrare in un medioevo di miti e leggende dove strumenti inusuali si fondono con un cantato d’altri tempi ricco e rigoglioso di sfumature e di termini dimenticati; sono canzoni d’ambarranco-musica-streaming-ruvidi-vivi-e-macellatiore verso una terra che non dona da un po’ di tempo i suoi frutti, lasciando il posto a tormenti intimi e incolto seminato.

I 5 padovani cresciuti tra Merlara e Montagnana abbandonano il rock alternativo per incontrare lidi nascosti e particolareggiati dove coste inesplorate sono il pane quotidiano per una via meno diretta, ma ricca di gratificazioni a livello personale.

La voce di Alessandro Magro è quella di un cantastorie d’altri tempi che regala picchi di ascesa verso tonalità dall’alto sapore evocativo.

Il tutto suona unico e il disco in qualche modo deve essere ascoltato traccia dopo traccia per sottolineare una continuità stilistica che fa immergere l’ascoltatore in un libro di Tolkien o di Brooks.

Si parte per un viaggio inaspettato con la bellissima “Io parlo al vento” e si arriva nel finale con la dolce “Il cielo non si apre”, dieci canzoni in tutto esaltate da un packaging stupendo costituito da una serie limitate di 300 copie interamente confezionate a mano dall’ormai innovativo studio del padovano Zulato.

Un disco – concentrato di succo di vita che rimane nella mente come un ricordo d’infanzia, quando i draghi occupavano la nostra testa e i cavalieri erano li pronti a scacciarli per farci tornare inesorabilmente al mondo a cui siamo abituati.