Alanjemaal – Dalla Ruggine (Autoprodotto)

Dalla Ruggine è il primo album del gruppo Alanjemaal, rimasto nel cassetto per più di 10 anni e uscito solo ora quando la musica sembrava già aver detto e dato tutto e quando ancora si osannano le hardcore band o i folkettoni del quartiere.

Registrato  e prodotto nel 2001 da Fabio Magistrali (Afterhours, Marta sui Tubi, Perturbazione) l’album è caratterizzato da partecipazioni illustri come i coniugi Gigi Giancursi e Elena Diana dei Perturbazione che al tempo registravano l’immenso “In circolo”.

La band gira l’Italia per 20 lunghi anni e alle spalle porta con se un bagaglio non indifferente di concerti e presenze in numerosi progetti, come il tributo ai Franti con la canzone “Prete, croce, sedia, morte”.

L’album in questione è caratterizzato da sonorità ricercate a volte pop-rock, a volte noise, a volte psicadeliche.

Molti sono i brani strumentali e quando subentra Alberto Casiraghi riesce a dare quel tocco di originalità al tutto condensandolo con spunti di cantautorato.

Il bagaglio tecnico è elevato, si ascolti anche la sola “Memoria eidetica”, bellissima poi “Le colpe degli altri” che lascia vaghi ??? ricordi dei “3000” bruchi.

Si passa velocemente dal piano di “Articolare proposizioni” a “Via Corelli ballata per animi notturni e in cerca di pace perpetua.

“Allucinazione ipnagogica” lascia spazio all’improvvisazione, mentre ci avviciniamo alle ultime note dell’album con “L’uomo piange un antico oceano”: canto evocativo per organetto da band islandese, voci di bambini e passi che si avvicinano.

Una gran prova, che nel corso del tempo ha acquisito valore, come un buon vino lasciato ad invecchiare per ricavarne solo la parte migliore.

Preti Pedofili – Faust (Autoproduzione)

Segui il detto antico di mio zio serpente; verrà certo un giorno in cui la tua somiglianza con Dio ti farà paura.

Questo è un disco oscuro.

Si entra in un mondo di certo non semplice. I preti pedofili, azzardando già nel nome, nel loro secondo EP Faust si rifanno liberamente al romanzo di Goethe.

Qui però c’è qualcosa in più, i tre foggiani si dedicano a denunciare una realtà molto ostile e spesso mascherata dalle finte preghiere.

Caronte traghetta anime in un universo cupo, suoni lisergici, claustrofobici, granitici, muri di chitarre pronte a distruggere l’apatia.

Morc e Manson che dialogano in queste quattro canzoni senza dimenticare le due strumentali di testa e di coda.

Un tunnel che parte dall’ “Impero” della forza dell’essere onnipotente fino al cambiamento in “La sera del 15 ottobre” passando per essere “Feccia” e accorgendosi di avere un corpo dilaniato dal tempo in “Streben” .

Spegniamo lo stereo e la voglia di reagire a tanta indifferenza persuade l’ascoltatore, che tornato da un mondo lontano riceve speranza per un diverso futuro; quasi un disco di denuncia, di protesta sessanttottina proiettata nel 2012.